L'art. 122, 4° comma, Cost. e brevi cenni sull'evoluzione della giurisprudenza costituzionale: - Recita l'art. 122, 4° comma, Cost. che "I consiglieri regionali
non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". La disposizione costituzionale in esame, inmaniera analoga a quanto avviene per i parlamentari nazionali ex art. 68, 1° comma, Cost., attribuisce ai componenti del Consiglio Regionale la c.d. prerogativa della irresponsabilità perpetua ossia non legata alla singola legislatura ed estesa al campo civile, penale ed anche patrimoniale ( ).
Mentre, in un primo momento, la Corte Costituzionale con sent. n. 81/1975 ( ), vedeva tale irresponsabilità riferita a qualsiasi tipo di funzione consiliare, successivamente, con sent. n. 69/1985, ha circoscritto la portata della guarentigia unicamente a quelle funzioni che la Costituzione, le leggi ordinarie dello Stato e gli atti normativi aventi forza di legge affidano ai Consigli Regionali con relativa esclusione di quelle attribuite agli stessi tanto dalla fonte statutaria regionale quanto dalle leggi regionali medesime. La più autorevole dottrina sul punto, ha giustificato l'inversione dell'orientamento del giudice delle leggi in ragione del principio di eguaglianza ossia per "assicurare che la speciale protezione garantita ai consiglieri, derogatoria rispetto alle regole generali sulla responsabilità, sia uniforme in tutto il territorio nazionale" ( ).
Una protezione, ha puntualizzato la Consulta, volta a "preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionale garantita al Consiglio" ( ) alla luce "delle funzioni di rappresentanza politica dell'organo" ( ). Resta ora da chiarire gli ambiti all'interno dei quali opinioni e voti sono coperti dall'immunità ( ). Pacifico che la tutela si esplica, in primis, in seno al Consiglio Regionale ed ai suoi organi, la giurisprudenza costituzionale, con sent. n. 391/1999 ( ), pronunciandosi su un conflitto di attribuzione proposto in merito alle dichiarazioni rese da un consigliere della Regione del Veneto ad un organo di stampa, sosteneva che "l'immunità in parola si estende ai comportamenti che, pur non rientrando fra gli atti tipici, siano collegati da un nesso funzionale con l'esercizio delle attribuzioni proprie dell'organo di appartenenza" e che il nesso de quo è qualificabile, sebbene ne parli in riferimento all'art. 68, 1° comma, Cost., "non come un semplice collegamento di argomento o di contesto tra attività parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilità della dichiarazione stessa quale espressione di attività parlamentare" ( ) alla quale va aggiunto, precisa sempre la Corte Costituzionale, il requisito del suo collocamento in un ambito di "contestualità" ( ).

2. La presunta inefficacia inibitoria della delibera del Consiglio Regionale: -
Qualora l'ente regionale ritenga sussista un vulnus della garanzia costituzionale riservata ai consiglieri regionali, ex art. 122, 4° comma, Cost., può, alla luce del disposto dell'art. 134 Cost., rivolgersi al giudice delle leggi previo sollevamento di conflitto di attribuzioni. Ma l'attivazione del rimedio, non sta nella disponibilità dell'organo consiliare quanto nella Giunta Regionale che ha il potere deliberativo di promuovere il conflitto stesso che il Presidente presenterà alla Consulta. Tuttavia, alcune Regioni hanno previsto, con apposite normative ( ), l'assunzione, da parte del Consiglio, di una delibera di insindacabilità, come avviene per i parlamentari nazionali, da comunicarsi all'autorità giudiziaria procedente.
Con la sentenza n. 221/2006 ( ), la Corte Costituzionale, per la prima volta, interviene in materia di insindacabilità dei consiglieri alla luce della legislazione di attuazione dell'art. 122, 4° comma, Cost. Il conflitto, da cui prende origine la pronuncia, riguardava la l. regionale della Lombardia n. 26/2004 ( ) e la sua ambigua previsione di una presunta efficacia inibitoria, versus l'autorità giudiziaria, della delibera consiliare di insindacabilità. La dottrina maggioritaria, giustamente, si interrogava e si interroga, circa la competenza regionale in materia di attuazione/integrazione dell'art. 122, 4° comma, Cost. pervenendo ad una conclusione logicamente ineccepibile ed intaccabile ossia che anche dopo la riforma introdotta dalla l. costituzionale n. 1/1999 riguardo la competenza degli Statuti regionali ordinari, ex art. 123, 1° comma, Cost., sulla "forma di Governo", non sembra, la stessa, "potersi ritenere estesa alle prerogative immunitarie degli organi regionali". A maggior ragione, nessun competenza in materia, nemmeno per via residuale, pare ricollegabile agli ambiti di intervento regionale dopo la l. costituzionale diriforma del Titolo V la n. 3/2001 ( ).
Entrando nel merito, la Corte Costituzionale respinge il ricorso della Regione Lombardia, "evitando di pronunciarsi espressamente sulla competenza regionale in materia di insindacabilità", concludendo ( ) che "la fonte normativa della guarentigia rimane l'art. 122, 4° comma, Cost. cui soltanto si connette l'effetto
inibitorio della delibera consiliare di insindacabilità" ( ). Ma così operando, si salva una legislazione regionale dubbia, lasciando intendere, indirettamente, la derivazione dell'efficacia inibitoria della delibera consiliare direttamente dalla Costituzione, e dall'art. 122, 4° comma in particolare piuttosto che dalla normativa regionale con la non scontata conseguenza che, sull'adozione del provvedimento da parte del Consiglio, il dettato costituzionale nulla afferma.

3. La sentenza n. 301/2007 della Corte Costituzionale mette la parola fine alla vicenda ? : - La sentenza n. 301/2007 ( ), non diversamente dalla n. 221/2006, affronta un conflitto di attribuzione sollevato, questa volta, dalla Regione Piemonte in relazione ad una serie di atti delle autorità giudiziarie procedenti del Tribunale ordinario di Monza adottati nell'ambito di un procedimento penale a carico di un consigliere regionale, Presidente del Gruppo Lega Nord-Padania, in quanto disattesa la delibera del Consiglio avente ad oggetto la insindacabilità delle opinioni espresse dal consigliere regionale medesimo. Il giudice costituzionale conferma l'orientamento già seguito con la pronuncia n. 221/2006, deducendo dalla lettera dell'art. 122, 4° comma, Cost. la prerogativa della irresponsabilità la quale, dunque, troverebbe "diretto ed esclusivo riferimento" ( ) solamente nel disposto costituzionale ora menzionato, escludendo qualsiasi normativa regionale di attuazione. Inoltre, precisando che "l'identità formale degli enunciati di cui agli artt. 68, 1° comma, Cost. e 122, 4° comma, Cost. non riflette una compiuta assimilazione tra le Assemblee parlamentari ed i Consigli Regionali" ( ), la Corte attribuisce all'autonomia della Regione un significato particolare e suo proprio. Sebbene il
novellato art. 114, 1° comma, Cost. delinei quella che, binianamente, è stata definita una "Repubblica delle autonomie" ( ) articolata su più livelli territoriali di Governo, ciò non comporta una perfetta e sostanziale equiparazione tra i diversi livelli di decentramento territoriale in quanto quest'ultimi sono dotati solo di quell'autonomia politica garantita dalla Carta Costituzionale la quale, anche con particolare riferimento alle attribuzioni dei Consigli regionali, non si esprime mai "a livello di sovranità" ( ). Pertanto, la diversa posizione dei Consigli Regionali e del Parlamento nazionale, tale da escludere qualunque forma di parallelismo ( ) spesso invocato dalle Regioni ricorrenti (Lombardia-Piemonte), dovrebbe determinare, ma in merito la Corte Costituzionale non si è espressa, una valutazione unilaterale e discrezionale, ad opera dell'autorità giudiziaria, circa la sussistenza o meno dei presupposti, ampiamente illustrati dalla giurisprudenza costituzionale, concernenti la diretta applicabilità della guarentigia di cui all' art. 122, 4° comma, Cost. Ma questo modus procedendi, non corre il rischio di fornire una concezione dell'autonomia consiliare sottratta all'organo di rappresentanza politica e relegato unicamente nell'ambito di espletamento del potere giudiziario tale, quindi, da relativizzare l'autonomia medesima, sia pure potendo sempre, la Regione, ricorrere al giudice dei conflitti ?
di Dott. Daniele Trabucco (1) e Avv. Innocenzo Megali (2)

(1) Assistente in Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di
Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Padova.
(2) Avvocato del Foro di Venezia, specializzato in Diritto del Lavoro e Diritto
Tributario. Relatore in convegni giuridici.


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