Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione (Sentenza 9 marzo 2007, n. 5395) sono intervenute a sanare il contrasto sorto in seno alla Cassazione in merito alla determinazione del dies a quo del termine per la contestazione degli illeciti amministrativi in materia di intermediazione finanziaria. Il contrasto era nato in quanto in alcune sentenze (cfr. Cass. 25 maggio 2001, n. 7143; 18 giugno 2001, n. 8257; 19 giugno 2001, nn. 8342 e 8343; 25 giugno 2001, n. 8657) i Giudici avevano deciso che "«esclusivamente quando la Consob - collegio sia investita del risultato delle indagini ispettive, e sia chiamata a decidere sulla ravvisabilità di illeciti amministrativi da contestare, vengono a concorrere i presupposti per definire la constatazione come accertamento dell'infrazione, con il connesso inizio del decorso del termine entro cui all'accertamento stesso deve far seguito la contestazione», sicché è ininfluente l'eventuale «carattere ingiustificato del ritardo verificatosi tra la conclusione dell'indagine ispettiva e la convocazione in seduta collegiale della Consob». In altre sentenze invece (cfr. Cass. 5 novembre 2003, n. 16608; 7 maggio 2004, n. 8692) i Giudici avevano osservato che la ripartizione di compiti all'interno della Consob "«sia inidonea a determinare una distinta imputazione delle rispettive attività» e quindi non valga ad escludere che l'accertamento «pur non essendo assoggettato ad una durata predeterminata, deve tuttavia svolgersi entro un tempo ragionevole, correlato alle caratteristiche e alla complessità della situazione concreta», con la conseguenza che il dies a quo per la contestazione va individuato «nella data di deposito della relazione ispettiva "conclusiva"» posta a disposizione della Commissione, non potendo consentirsi che eventuali ritardi nel suo esame compromettano «le possibilità di difesa del soggetto indicato come trasgressore»". La Corte ha quindi osservato che è da condividere il secondo orientamento con una precisazione. I Giudici hanno infatti ribadito "l'esattezza del comune presupposto da cui entrambi gli orientamenti muovono: l'applicabilità, anche nel campo delle violazioni di norme in materia di intermediazione finanziaria, dell'art. 14 della l. 24 novembre 1989, n. 689, che per la contestazione, ove non sia stato possibile effettuarla immediatamente, fissa termini perentori (di novanta o di trecentosessanta giorni, con decorrenza dalla data dell'accertamento, secondo che l'interessato risieda in Italia o all'estero), da osservare a pena dì estinzione dell'obbligazione. La regola, dettata nell'ambito della disciplina generale delle sanzioni amministrative, si riferisce alle violazioni previste da ogni disposizione di legge, salvo il caso di espresse deroghe, che per la materia di cui si tratta non sono stabilite" e che "si deve inoltre confermare […] che la pura "constatazione" dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l'"accertamento": vi sono ambiti, come appunto quello dell'intermediazione finanziaria, che richiedono valutazioni complesse, non effettuabili nell'immediatezza della percezione" e che "ciò tuttavia non esclude che a tali valutazioni si debba procedere in un tempo "ragionevole" e che in sede di opposizione il giudice, ove l'interessato abbia fatto valere il ritardo come ragione di illegittimità del provvedimento sanzionatorio, sia abilitato a individuare il momento iniziale del termine per la contestazione non nel giorno in cui la valutazione è stata compiuta, ma in quello in cui avrebbe potuto - e quindi dovuto - esserlo". Inoltre le Sezioni Unite hanno precisato che "il giudice di rinvio si uniformerà al seguente principio di diritto: «La distinzione tra gli organi della Consob deputati, rispettivamente, alla constatazione e alla valutazione dei fatti costituenti violazioni amministrative delle norme in materia di intermediazione finanziaria, è ininfluente ai fini della decorrenza del termine da rispettare per la contestazione degli illeciti: decorrenza che deve essere individuata nel giorno in cui la Commissione in composizione collegiale, dopo l'esaurimento dell'attività ispettiva e di quella istruttoria eventualmente necessaria, è in grado di adottare le decisioni di sua competenza, senza che si possa tenere conto di ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti ai suddetti organi assegnati».
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