Il rimborso delle spese legali, sostenute nei giudizi intrapresi nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni statali per responsabilità civili, penali ed amministrative, in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza che escluda la loro responsabilità, deve essere effettuato, ai sensi dell'art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge n. 135/97, nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Questa la decisone della Corte di Cassazione, Sezione lavoro, nella sentenza 23 gennaio 2007, n. 1418. In pratica, per la Suprema Corte, il dipendente, ingiustamente accusato, ha diritto al rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle spese sopportate per la sua difesa," ma entro il limite di quanto strettamente necessario (trattandosi di erogazioni che gravano sulla finanza pubblica e devono quindi essere contenute al massimo) secondo il parere di un organo tecnico altamente qualificato per valutare sia le necessità difensive del funzionario, in relazione alle accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, e sia la conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale" La Corte ha ritenuto, pertanto, "fuor di luogo il richiamo al parere di congruità espresso dal Consiglio dell'ordine su richiesta dell'avvocato che intenda agire nei confronti del cliente per il recupero delle sue spettanza, sia perché quel parere non é obbligatorio, come nella specie, ma necessario, sia perché la valutazione dell'Avvocatura riguarda non solo la conformità della parcella alla tariffa forense (oltre la quale il rimborso sarebbe illegittimo), ma il rapporto fra l'importanza e delicatezza della causa e le somme spese per la difesa e delle quali si chiede il rimborso". Gesuele Bellini
Corte di Cassazione, Sez. lavoro, 23.1.2007, n. 1418 - Gesuele Bellini

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