"Dopo la riforma di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 38/2000 non può essere accolto l'orientamento secondo il quale la nozione di danno biologico dettata con riferimento alla tutela previdenziale contro gli infortuni sul lavoro coincida con la nozione privatistica di danno alla salute, in quanto l'intento del legislatore di introdurre un'unica disciplina e quantificazione del danno biologico sia a fini indennitari che a fini risarcitori dovrebbe risultare in modo assolutamente inequivoco e tale volontà non traspare dalla normativa. La norma previdenziale in esame prevede la corresponsione di un minimum sociale garantito nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile la colpa di alcuno e per questo motivo attraverso la copertura sociale si indennizza, ma non si risarcisce integralmente. Ne consegue che sulla base di tale normativa e in considerazione della diversa natura delle prestazioni previdenziali Inail, in caso di infortunio sul lavoro rispetto al risarcimento del danno dell'infortunato, spetta a quest'ultimo il diritto di agire in giudizio onde ottenere il risarcimento del danno c.d. differenziale dal datore di lavoro in relazione all'ipotesi in cui l'ammontare del danno, liquidato secondo gli ordinari criteri civilistici, ascenda ad una somma di importo superiore all'indennità una tantum od al valore capitale della rendita erogata dall'Inail. In questo caso, per procedere al calcolo del danno differenziale, occorre procedere alla determinazione del danno secondo i criteri civilistici, per poi effettuare un raffronto fra l'importo che ne risulta e l'ammontare delle prestazioni erogate dall'Inail, riconoscendo in favore del lavoratore l'eventuale differenza. Tuttavia, per le ipotesi di invalidità pari o superiore al 16%, in cui l'Inail eroga una rendita riferita per una quota al danno biologico e per l'altra alle conseguenze patrimoniali dell'inabilità permanente, il raffronto deve essere operato non posta per posta, ma avuto riguardo all'ammontare complessivo dei rispettivi ristori, esatto il disposto dei commi 6° e 7° dell'art. 10 del DPR n. 1124/1965 (v. Cass. n. 10035 del 25.5.2004) e considerato inoltre che una diversa soluzione è suscettibile di comportare un ristoro superiore all'ammontare del danno effettivamente patito".
TRIBUNALE DI VICENZA, Sezione Lavoro, sentenza n. 321 del 4.1.2007 - est. U. Dosi - Z.G. contro L. s.p.a. e altro.

ORIENTAMENTI DELLA GIURISPREUDENZA DI MERITO IN MATERIA DI DANNO DIFFERENZIALE NEGLI INFORTUNI SUL LAVORO.
Il panorama della giurisprudenza di merito, in materia di risarcimento danni conseguenti ad infortuni sul lavoro, continua a proporre nuovi orientamenti nel difficile compito di ridisegnare "punti di equilibrio" degli interessi coinvolti nelle vicende risarcitorie (danneggiato, responsabile ed eventuale assicuratore, ente previdenziale che ha provveduto ad erogare prestazioni). Sembra opportuno segnalare in proposito una recente pronuncia del Tribunale di Vicenza - sezione lavoro che, oltre a riassumere quelli che possono essere definiti gli approdi maggiormente condivisi, propone un'interessante "soluzione" al calcolo del c.d. "danno differenziale", materia sulla quale si sono confrontate di recente diverse impostazioni. Circa il primo aspetto, occorre osservare come la sentenza ripercorra buona parte delle questioni che si affrontano nell'ambito dell'infortunistica del lavoro: criteri di responsabilità del datore di lavoro, eventuale concorso di colpa del lavoratore, determinazione del danno, ammissibilità del c.d. "danno differenziale", sussistenza di ipotesi di danni c.d. "esistenziali" e necessità della prova. La novità è tuttavia costituita dal metodo di calcolo del danno differenziale in quanto "occorre (…) procedere alla determinazione del danno secondo i criteri civilistici, per poi effettuare un raffronto fra l'importo che ne risulta e l'ammontare delle prestazioni erogate dall'Inail, riconoscendo in favore del lavoratore l'eventuale differenza. Tuttavia, per le ipotesi di invalidità pari o superiore al 16%, in cui l'Inail eroga una rendita riferita per una quota al danno biologico e per l'altra alle conseguenze patrimoniali dell'inabilità permanente, il raffronto deve essere operato non posta per posta, ma avuto riguardo all'ammontare complessivo dei rispettivi ristori, esatto il disposto dei commi 6° e 7° dell'art. 10 del DPR n. 1124/1965 (v. Cass. n. 10035 del 25.5.2004) e considerato inoltre che una diversa soluzione è suscettibile di comportare un ristoro superiore all'ammontare del danno effettivamente patito" (come dalla motivazione della sentenza). Occorre rilevare che negli stessi termini si era già espresso il Tribunale di Bassano del Grappa, sezione Lavoro (est. Attanasio), con la sentenza n. 59 del 24.1.2006. L'effetto che tale orientamento produce è sicuramente una maggior semplificazione nel calcolo delle singole voci da risarcire e nelle voci da riconoscere all'Ente previdenziale; occorrerà ora vedere se tale nuovo "punto di equilibrio" potrà costituire un riferimento interpretativo per le pronunce che seguiranno, o se, dovremmo aspettarci nuovi sviluppi in questa materia.
(Rolando Dalla Riva)
Avvocato INAIL in Vicenza
Articolo di Rolando Dalla Riva - Avv. Inail Vicenza

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