È stata depositata il 6 febbraio scorso la Sentenza n. 26 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge n. 46 del 2006 sull'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, cosiddetta legge Pecorella. I Giudici della Consulta hanno in particolare dichiarato illegittimi l'art. 1 della stessa legge nella parte in cui escludeva che il pubblico ministero possa proporre appello contro le sentenze di proscioglimento e l'art. 10 nella parte in cui prevedeva che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento del pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge dovesse essere dichiarato inammissibile. Nella motivazione della Sentenza si legge in particolare che "al di sotto dell'assimilazione formale delle parti - «il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna» (ergo, non contro quelle di proscioglimento) - la norma censurata racchiude una dissimmetria radicale. A differenza dell'imputato, infatti, il pubblico ministero viene privato del potere di proporre doglianze di merito avverso la sentenza che lo veda totalmente soccombente, negando per integrum la realizzazione della pretesa punitiva fatta valere con l'azione intrapresa, in rapporto a qualsiasi categoria di reati" e che "è evidente, poi, come tale sperequazione non venga attenuata, se non in modo del tutto marginale, dalla previsione derogatoria di cui al comma 2 dell'art. 593 cod. proc. pen., in forza della quale l'appello contro le sentenze di proscioglimento è ammesso nel caso di sopravvenienza o scoperta di nuove prove decisive dopo il giudizio di primo grado".
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