Lo denuncia l'associazione Coscioni che prepara un'azione giudiziaria contro «questo diniego di gravità assoluta» e ribadisce «l'urgenza di una legge che regolamenti le scelte di fine vita»

Suicidio assistito negato

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La prima richiesta di suicidio assistito in Italia è stata respinta dall'Asl. Dopo la denuncia l'associazione Luca Coscioni passa alle vie legali poiché: «il servizio sanitario nazionale nega un diritto riconosciuto dalla corte costituzionale».

Tante battaglie che ad oggi sono servite a poco. A raccontare i fatti ci pensa Filomena Gallo, avvocato e segretaria dell'Associazione Luca Coscioni, durante la fasi conclusive del XVII Congresso annuale dell'associazione concluso nelle scorse ore.

Suicidio assistito, se l'Al contravviene al dettato costituzionale

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Come riporta una nota dell'Associazione, i fatti dicono che, poco tempo fa, una Asl italiana si è rifiutata di applicare il principio stabilito dalla sentenza 2422019 della Corte Costituzionale, che ha valore di legge, sul diritto ad accedere al suicidio assistito, per pazienti che si trovano in determinate condizioni. Quindi si tratta di casi di soggetti mantenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetti patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli).

È l'associazione a seguire due casi di persone con malattie irreversibili che hanno chiesto, alla luce della sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale, di poter porre fine alle sofferenze col suicidio assistito. Nel primo caso, dopo ben 38 giorni (un tempo comunque troppo lungo per un malato grave), il paziente sarà sottoposto nei prossimi giorni alla prima visita di verifica della sua condizione e della consapevolezza delle scelte che sta effettuando anche alla luce delle possibilità di sottoporsi a cure palliative.

Il secondo caso è invece quello che ha suscitato la levata di scudi. Si tratta di un uomo di 42 anni, immobilizzato da 10, a causa di un incidente che ha provato tutto il possibile per recuperare parte della sua salute, ma è completamente dipendente e deve ricevere di continuo assistenza. Alla sua richiesta, inoltrata alla Asl competente a fine agosto, di poter porre fine alle sue sofferenze, ha ricevuto qualche giorno fa, dopo oltre un mese, un divieto a procedere. Ecco la risposta dell'Asl: «La richiamata sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale interviene espressamente su questioni di legittimità costituzionale dell'art 580 del codice penale sollevate dalla Corte di Assise di Milano in relazione a diversa fattispecie, rispetto al Suo caso. Nella medesima sentenza, inoltre, si sollecita ulteriormente il Parlamento abbia provveduto nel senso indicato dalla Corte Costituzionale, normando con il necessario rigore le condizioni che devono sussistere e le relative modalità di esecuzione da applicare in una simile delicatissima e complessa fattispecie. Pertanto questa Direzione ritiene che, allo stato attuale della normativa vigente, non sia possibile esprimere un parere favorevole alla sua richiesta. La SV potrà comunque legittimamente avvalersi, ai sensi della citata L. n. 219/2017 delle cd "disposizioni anticipate di trattamento", che prevedono la rinuncia ai trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza del paziente e la garanzia dell'erogazione di una appropriata terapia del dolore e di cure palliative».

Gallo: «L'Asl nega quanto previsto dalla Consulta»

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Per l'avvocato Gallo, con questa risposta l'Asl «disconosce gravemente quanto annunciato dalla sentenza 2422019 della Corte Costituzionale, che, con valore di legge, stabilisce dei passaggi specifici per tutti quei pazienti affetti da patologie irreversibili che in determinate condizioni, possono far richiesta di porre fine alle proprie sofferenza, attraverso un iter tramite SSN - dunque - Il Servizio Sanitario Nazionale dunque tramite questa ASL ha negato ufficialmente quanto previsto dalla Consulta. Per questo stiamo preparando un'azione giudiziaria contro questo diniego di gravità assoluta e continuiamo a ribadire l'urgenza di una legge che regolamenti le scelte di fine vita a garanzia di diritti fondamentali».

Le fa eco Marco Cappato, Tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni e promotore della campagna Eutanasia Legale: «Ci sono Asl che calpestano una sentenza della Corte Costituzionale e impongono ai malati di soffrire impedendo loro l'aiuto a morire. Su questa gravissima violazione dei rapporti tra istituzioni, chiediamo risposte al Ministro Speranza, al segretario Zingaretti, al Presidente della Repubblica Mattarella, al Presidente Giuseppe Conte». Per poi concludere col ribadire «l'impegno a portare avanti nuove disobbedienze civili. Se queste persone che si sono rivolte a noi - e tutte le altre che vorranno chiedere il nostro aiuto - non troveranno risposte alle quali hanno diritto, nei tempi giusti e rispettosi della loro malattia e del loro dolore, noi li aiuteremo ad andare in Svizzera, per porre fine alle loro sofferenze».


Foto: 123rf.com
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