Il lavoratore è chiamato a una condotta adeguata durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Ecco le conseguenze di una cattiva condotta e come indagare

L'importanza della "condotta" nel rapporto di lavoro

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Il lavoratore dipendente è chiamato a tenere una condotta adeguata durante lo svolgimento delle proprie mansioni sul luogo di lavoro. La "condotta" rappresenta quindi un parametro molto importante per il mantenimento di un rapporto lavorativo sano e proficuo: migliori sono l'atteggiamento e l'attitudine da parte del lavoratore, più salda risulta essere la posizione lavorativa. Di contro, comportamenti di segno opposto possono incrinare il rapporto fiduciario che deve sussistere tra il datore di lavoro e il dipendente.

Cosa si intende per cattiva condotta

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In genere, in ogni azienda vige un regolamento interno. Quest'ultimo disciplina la vita lavorativa all'interno degli ambienti aziendali e rappresenta il principale riferimento disciplinare per tutti i dipendenti quando si trovano sul luogo di lavoro. Le disposizioni di ogni singolo regolamento possono variare, anche sensibilmente, a seconda del tipo di azienda, di ambiente di lavoro e di politica aziendale. Quel che resta costante è la presenza di sanzioni, più o meno severe, che ricadere sul dipendente nel momento in cui questi infrange una qualche prescrizione del regolamento aziendale.

Il comportamento del dipendente non viene disciplinato soltanto dai regolamenti interni ma anche da alcune norme di portata generale, riportate all'interno del Codice Civile, che individuano gli obblighi del lavoratore. L'articolo 2104 identifica l'obbligo di diligenza, in quanto "il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale". Il secondo comma dello stesso dispositivo impone al lavoratore di "osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende".

L'altro obbligo previsto dal Codice Civile è quello di fedeltà, disciplinato dall'articolo 2105: "Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio".

Per tanto, sulla base di quanto evidenziato fin qui, è possibile stabilire a cosa ci si riferisce quando si parla di "cattiva condotta" di un dipendente. Come spiega Salvatore Piccinni - Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, definire i limiti della cattiva condotta non è semplice, benché esistano diversi casi di giurisprudenza a tal riguardo. In linea di principio, se il comportamento del lavoratore è contrario ai principi di diligenza e fedeltà e se infrange le disposizioni del regolamento interno, arrecando notevole disturbo ai colleghi o causando problemi alle attività aziendali, è possibile parlare di cattiva condotta.

Quest'ultima può concretizzarsi in diversi modi, dalla semplice negligenza ad atti più grevi che possono ledere il rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro.

Le conseguenze della cattiva condotta possono variare, anche in maniera significativa, a seconda della gravità del fatto compiuto.

Quali sono i problemi che può provocare

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Come detto, determinare quando il comportamento di un dipendente ricade nella cattiva condotta non è semplice. Se alcune azioni ricadono in casi di specie già ben definiti, è più facile inquadrare il problema ed adottare le necessarie contromisure. Un'infrazione del regolamento interno, ad esempio, prevede un determinato tipo di sanzione (richiamo, ammonizione o multa) che deve essere proporzionato alla gravità delle azioni del dipendente. Parimenti, se il lavoratore viene meno agli obblighi di fedeltà e diligenza, è passibile di sanzioni, che vanno dal semplice richiamo disciplinare fino al licenziamento.

L'interruzione del rapporto di lavoro rappresenta il provvedimento più severo che il datore di lavoro può adottare nei confronti di un dipendente colpevole di cattiva condotta. Esistono però diversi casi di giurisprudenza che ribadiscono la legittimità di questo tipo di azione da parte del datore di lavoro; ne è un esempio la sentenza n. 2904/2015 emessa dalla Corte di Cassazione, che ha riconosciuto come legittimo il licenziamento disposto a carico di un dipendente che era solito fare ripetutamente scherzi (o presunti tali) nei confronti di una collega (l'addetta ai controlli). In particolare, al lavoratore veniva imputato di "avere, sulla linea di assemblaggio dello schienale anteriore dell'Alfa Mito, volutamente inserito nei tubi 'Protech' carte ed altro materiale di risulta", come si legge nel testo della sentenza, che ribalta quella precedente della Corte di Appello.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del datore di lavoro perché nella condotta del dipendente "non può rientrare solo il fatto illecito di provocare consapevolmente un danno permanente al materiale di lavorazione" ma va considerato anche "un danno immateriale, consistente nella manipolazione e svilimento del materiale aziendale". Tale atteggiamento è stato giudicato "tanto più grave in quanto, ripetuto per lunghissimo tempo, era idoneo a rendere quel materiale inaccettabile dai clienti dell'azienda, esponendola ad una seria lesione della propria immagine presso la clientela".

Come indagare in questi casi

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Qualora emergano dubbi o sospetti sulla natura della condotta di uno o più dipendenti, è possibile disporre delle indagini di controllo. In tal caso è bene affidarsi ad un'agenzia di investigazioni privata specializzata in indagini aziendali. Il mandato di indagine può essere conferito direttamente dal titolare dell'azienda oppure da un legale rappresentante.

Rivolgersi ad un'agenzia specializzata è la soluzione più auspicabile perché le indagini sui dipendenti devono essere effettuate nel rispetto delle limitazioni imposte dalle norme in vigore. Lo Statuto dei Lavoratori esclude la possibilità di effettuare indagini che riguardino l'orientamento politico, la fede religiosa e l'appartenenza sindacale; in aggiunta, vieta l'utilizzo di dispositivi di ripresa video all'interno dell'azienda per motivi di sorveglianza (le telecamere possono essere utilizzate solo per scopi strettamente legati allo svolgimento dell'attività produttiva e a motivi di sicurezza).

Per tanto, affinché siano legittime, le indagini devono essere condotte nel rispetto di queste limitazioni. Gli agenti incaricati, una volta concordati gli obiettivi con il mandante dei controlli, sono in grado di implementare procedure di indagine specifiche ed efficaci, senza infrangere le disposizioni normative in materia. La prima fase dell'iter investigativo è rappresentata dall'acquisizione di dati e informazioni inerenti al soggetto delle indagini; in tal modo, gli agenti incaricati possono delineare un profilo personale e professionale. Successivamente, si passa alla fase di osservazione del target, che può essere dinamica (pedinamento) o statica (appostamento); in tal modo, gli agenti raccolgono materiale fotografico e video in grado di documentare la condotta del dipendente entro un determinato contesto di tempo e di luogo. A seconda delle richieste del mandante delle indagini, la supervisione punta ad un obiettivo specifico (doppio lavoro, concorrenza sleale, falso infortunio o malattia ed altre casistiche ascrivibili alla cattiva condotta).

Quando la procedura d'indagine è stata portata a termine, gli investigatori redigono una relazione tecnica, all'interno della quale vengono illustrati il lavoro svolto e i risultati ottenuti. La relazione viene consegnata al mandante delle indagini che può disporne anche nell'ambito di un procedimento giudiziario.


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