Nel clima di assoluta incertezza sulle prove di accesso alla professione forense adesso chiedono risposte alla politica

di Gabriella Lax - In circostanze normali l'esame di abilitazione per la professione di avvocato è già di per sé molto difficile. Adesso il coronavirus ha fatto precipitare la situazione. A denunciare la situazione di stallo ci pensano A.Gi.For. - Associazione Giovanile Forense, Co.gi.ta - Coordinamento Giovani Giuristi Italiani, Comitato NO Riforma Forense Comitato per l'Esame d'Avvocato, Coordinamento Abilitazione Forense, Erga Omnes - Coordinamento per i Diritti Umani nelle Professioni Legali, Generazione Ypsilon, Link - Coordinamento Universitario.

Il lungo iter per diventare avvocati

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Una nota unitaria restituisce la storia di un lungo iter, che costituisce un «unicum fra gli esami di abilitazione alle libere professioni, dove sono solitamente previste almeno due sessioni annuali e modalità di svolgimento di gran lunga più agevoli». Gli esami sono preceduti dai 18 mesi di pratica forense a tempo pieno, quasi sempre non remunerata e priva di qualsivoglia tutela. Questo comporta che «Si è avvocati in media alla soglia dei trent'anni, senza aver avuto, fino a quel momento, la possibilità di costruire alcun progetto di vita personale e familiare. Un percorso per molti insostenibile».

La proposta dello scritto abilitante

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Le otto associazioni di categoria chiedono l'abilitazione alla professione forense per tutti i candidati della sessione 2019 che avranno superato gli scritti. Il punto è che nel mezzo dell'emergenza degli aspiranti avvocati non si è interessato più nessuno. Nel clima di assoluta incertezza che regna sulle prove di accesso alla professione forense, gli aspiranti avvocati, dimenticati anche dal ministro Manfredi nelle recenti esternazioni alla stampa, chiedono risposte alla politica.

Da accantonare, chiariscono nelle richieste, lo svolgimento di un'unica prova orale, già proposto per altre categorie professionali, «non percorribile - affermano, poiché - costituirebbe in ogni caso una grave mancanza di rispetto per le migliaia di candidati che hanno già sostenuto a dicembre tre faticose prove scritte e che attendono gli esiti in un clima di assoluta incertezza».

La soluzione proposta è lo scritto abilitante «dichiarando idonei all'abilitazione forense i candidati che abbiano conseguito la valutazione positiva degli elaborati scritti ed escludendo lo svolgimento di prove orali».

Cogita e le associazioni: soluzione condivisibile e ragionevole

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Secondo Giovanni Cannetti, presidente di Cogita il coordinamento creatosi tra gruppi ed associazioni tra loro eterogenee è stato positivo ha permesso «la diffusione di una proposta condivisibile e ragionevole, che adegua le prove di accesso alla professione forense a condizioni eccezionali, senza dar spazio a pretese, emerse anche in consessi parlamentari, non sostenibili allo stato attuale».


Foto: 123rf.com
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