Anm contesta la possibilità che i giudici possano svolgere udienze da remoto obbligatoriamente dall'ufficio giudiziario. Dubbi anche per la magistratura tributaria
di Lucia Izzo - La legge di conversione del D.L. Cura Italia (D.L. 18/2020) ha dato il via libera al processo da "casa", ovvero al pacchetto di misure che hanno potenziato il processo telematico, anche penale, e a consentire, nella fase di emergenza, lo svolgimento da remoto delle attività processuali (dalle indagini alle udienze di trattazione) (v. Decreto cura Italia: il processo 'da casa' è legge e Decreto Cura Italia: processo 'da casa' e rivolta degli avvocati).
Un'approvazione che ha portato con sé una bufera di critiche, in particolare da parte degli avvocati, al punto che il Governo si è visto costretto a intervenire con un ulteriore decreto legge, il n. 28/2020 (ora all'esame del Senato) che ha corretto il tiro intervenendo proprio sulle misure previste per i processi da remoto. Una rettifica giunta praticamente in contemporanea: la conversione in legge del Cura Italia è entrata in vigore il 30 aprile, mentre il D.L. n. 28/2020 il 1° maggio.

Le modifiche al processo da casa

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Per quanto riguarda le udienze penali, si è prevista la possibilità di svolgere con collegamento da remoto le udienze penali che non richiedono la presenza di soggetti diversi da PM, parti e difensori, ausiliari del giudice, polizia giudiziaria, interpreti consulenti e periti.
Tuttavia, il D.L. n. 28 ha "dimezzato" il procedimento da remoto chiarendo che, salvo che le parti non vi acconsentano, non si applicherà alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti.
Il D.L. Cura Italia ha previsto anche che i capi degli uffici giudiziari possano stabilire, per contrastare l'emergenza epidemiologica e per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 31 luglio 2020, lo svolgimento mediante collegamenti da remoto delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all'assunzione di informazioni presso la Pubblica Amministrazione.
Anche questo aspetto è stato "rettificato" dal D.L. n. 28/2020: lo svolgimento dell'udienza dovrà, in ogni caso, avvenire "con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario", oltre che con"modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti".

Anm: "Intervento incomprensibile"

Il "repentino" dietrofront dell'Esecutivo, che ha emendato la norma introdotta dalla legge di conversione del D.L. Cura Italia il giorno stesso della sua entrata in vigore con un ulteriore Decreto Legge di "modifica alle modifiche", ha sconcertato i magistrati.
Per la giunta centrale dell'Associazione Nazionale Magistrati (Anm) si tratta di "un intervento incomprensibile nel suo impianto e nei suoi presupposti, che contiene norme che appaiono irrazionali" in quanto "modificando la norma di un precedente decreto appena convertito, viene rimessa alla volontà delle parti la scelta sullo svolgimento da remoto delle attività nel processo penale".
Particolarmente contestata è l'innovativa previsione dell'udienza civile "da remoto necessariamente celebrata in ufficio". Per i magistrati si tratta di una norma "irragionevole nella parte in cui, non riguardando i magistrati penali, amministrativi o contabili, richiede una presenza sul luogo di lavoro - in contraddizione con le perduranti esigenze di tutela della salute pubblica - proprio per i giudici che, mediante il processo civile telematico, possono condividere con le parti e con gli altri componenti del collegio tutti gli atti processuali senza necessità di consultazioni cartacee".
Se davvero la presenza in ufficio del giudice civile diventa oggi la priorità, sottolinea l'Anm, tanto da richiedere la decretazione di urgenza, "lo si doti allora di aule di udienza e assistenza, come la legge e la dignità della funzione esigerebbero".

Procedimenti innanzi alle Commissioni tributarie

La norma che obbliga i giudici civili alla presenza fisica negli uffici, crea dubbi anche nell'ambito tributario a cui potrebbe sostanzialmente estendersi. Il D.L. Cura Italia, infatti, ha confermato che le disposizioni di cui all'art. 83 si applicano, in quanto compatibili, anche ai procedimenti relativi alle Commissioni tributarie.
Al Sole 24 Ore la presidente dell'Associazione magistrati tributari, Daniela Gobbi, che nel frattempo ha richiesto una correzione della norma, ha messo in evidenza come il processo tributario, per la tipologia di svolgimento, sia molto simile a quello amministrativo "perché è snello, prevalentemente cartolare, si esaurisce, di norma, in una sola udienza, c'è un collegio giudicante. Date queste caratteristiche non si capisce il perché ci venga ora richiesta la presenza fisica".

Foto: 123rf.com
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