Tra conflitto di interessi di magistrati delle giurisdizioni superiori e segreto di Stato sulle correzioni degli esami scritti. Comitato UNDESC: "L'Italia spieghi la mancanza di trasparenza"

Dott. Vittorio Corasaniti - Nel periodo in cui le correzioni degli scritti dell'esame di avvocato risultano sospese, gli Organi internazionali intervengono nuovamente per chiedere spiegazioni all'Italia in merito all'accesso alla professione forense.

Dopo la Commissione Ue le Nazioni Unite chiedono chiarimenti all'Italia

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Sul punto, la Commissione Europea aveva già fatto sapere che la Direzione generale della concorrenza stava valutando se il comportamento dei giudici amministrativi e costituzionali italiani autori dei codici commentati e coordinatori di scuole private in preparazione all'esame rientrasse nella disciplina degli aiuti di stato ex art. 107 TFUE, considerando il costante rigetto dei ricorsi dei praticanti avvocato e l'applicazione (per giurisprudenza) del segreto di Stato sull'operato delle commissioni esaminatrici.

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Dopo l'Unione Europea, interviene ora il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali (Comitato UNDESC), che durante la sua 66ima pre-sessional working group ha richiesto formalmente all'Italia di indicare con quali misure lo Stato intende accrescere trasparenza e imparzialità nelle procedure di accesso alla professione forense (vedi documento allegato in pdf).

La base legale della richiesta delle Nazioni Unite

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L'Italia è parte del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Patto DESC), che prevede un esame periodico degli Stati parti sul rispetto e la progressiva tutela dei diritti garantiti dal trattato (artt. 16-22 del Patto).

Sulla base di queste premesse, dunque, il Comitato UNDESC, in quanto organo di controllo e monitoraggio del rispetto delle disposizioni del Patto, ha invitato l'Italia a precisare quali siano i progressi dello Stato in materia di diritti economici, sociali e culturali e a chiarire alcuni aspetti critici in merito all'esame di avvocato.

I diritti lesi nell'accesso alla professione forense

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Tra i diritti tutelati dal patto DESC in relazione all'accesso alla professione forense, sono annoverati il classico principio di non discriminazione (art.2) e il diritto al lavoro (artt. 6 e 7).

In particolare, l'art. 2 par. 2 stabilisce il divieto di discriminare per qualsiasi tipo di condizione sociale, mentre l'art. 7 lett. c) sancisce l'obbligo per gli Stati parti del Patto "di riconoscere il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali garantiscano in particolare la possibilità uguale per tutti di essere promossi, nel rispettivo lavoro, alla categoria superiore appropriata, senza altra considerazione che non sia quella dell'anzianità di servizio e delle attitudini personali".

Un principio di meritocrazia che, mutatis mutandis, è contemplato anche all'interno della legge 247/2012, il cui articolo 1, comma 2 lett. d) stabilisce che "l'ordinamento forense, …favorisce l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito", ma che viene di fatto inficiato dalle sentenze del Consiglio di Stato (sentenza n. 7/2017) e della Corte Costituzionale (sentenza n. 175/2011) i cui collegi sono composti da giudici autori dei codici commentati, responsabili o insegnanti presso scuole private in preparazione all'esame scritto di avvocato.

Un conflitto di interessi che a livello interno si trasforma in una lesione palese dell'art. 1 c. 1 della legge 247/2012 nella misura in cui lo stesso prevede che "la presente legge, nel rispetto dei principi costituzionali, della normativa comunitaria e dei trattati internazionali, disciplina la professione di avvocato", mentre sul piano internazionale costituisce altrettanta violazione del Patto internazionale sui diritti economici sociali e culturali, stante l'Osservazione generale n. 9 del Comitato UNDESC che ha sancito la giustiziabilità dei diritti economici, sociali e culturali e la necessità di un sistema giurisdizionale che li garantisca appieno.

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L'Italia dovrà ora fare chiarezza sulla procedura d'accesso alla professione forense, spiegando al Comitato UNDESC come intende migliorarne le condizioni e la trasparenza.

Problema di non facile soluzione, specie se si tengono in considerazione fattori come il conflitto di interessi di giudici amministrativi e costituzionali, la conseguente violazione del diritto di accesso alla giustizia e il fatto che le norme della legge 247/2012 in merito alle nuove modalità di esame non sono mai entrate in vigore. Va ricordato, infatti, che, da ultimo, la legge 8/2020 è intervenuta per la quarta volta a inficiare la trasparenza e ad applicare il segreto di Stato sull'operato delle commissioni esaminatrici.

Una spiegazione da cui, comunque, le istituzioni non potranno esimersi, soprattutto alla luce di quanto già segnalato dal Ministro della Giustizia Bonafede durante il suo intervento dello scorso ottobre alla prima seduta giurisdizionale del Consiglio Nazionale Forense in merito all'arbitrarietà e all'aleatorietà a cui si presta la correzione degli elaborati scritti degli aspiranti avvocato.

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Foto: 123rf.com
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