Il nuovo Dl liquidità posticipa l'entrata in vigore del d.lgs. n. 14/2019 e reca misure riguardanti la disciplina del fallimento e del concordato preventivo in questa fase emergenziale
di Lucia Izzo - Un intervento da 400 miliardi di euro per sostenere le imprese in difficoltà a seguito dell'emergenza legata alla diffusione sul territorio nazionale del virus COVID-19. Il Dl liquidità (D.L. 23/2020), pubblicato in G.U. e in vigore dal 9 aprile 2020, è l'ultimo degli interventi messi in campo dal Governo italiano e introduce misure urgenti in materia di accesso al credito e rinvio di adempimenti per le imprese, nonché di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e di giustizia.
Diverse sono anche le misure che riguardano la disciplina del fallimento e che, come annuncia palazzo Chigi, nell'insieme sono volte in questa fase a: - sottrarre le imprese all'apertura del fallimento e alle altre procedure fondate sullo stato di insolvenza, sino a quando durerà l'emergenza; - sterilizzare il periodo dell'emergenza ai fini del calcolo delle azioni a tutela dei creditori (quindi quando il periodo emergenziale sarà passato, i creditori potranno se del caso proporre le azioni revocatorie).

Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: in vigore da settembre 2021

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Viene posticipata l'entrata in vigore del d.lgs. n. 14/2019, recante il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Il decreto legge, tenuto conto degli effetti economici gravissimi provocati a livello mondiale dall'epidemia di COVID-19, ritiene necessaria la proroga, fissando l'entrata in vigore del nuovo codice al 1° settembre del 2021. A tal fine viene modificato il 1° comma dell'art. 389 del citato decreto legislativo.
Pertanto, solo dal prossimo anno saranno operative le disposizioni generali volte a disciplinare gli istituti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, i soggetti che vi prendono parte, le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, le procedure di regolazione della crisi, e regole inerenti liquidazione giudiziale, insolvenza dei gruppo di imprese e sulla liquidazione coatta amministrativa, nonché le nuove disposizioni penali e quelle inerenti il diritto del lavoro.
Lo stesso decreto legislativo, infatti, aveva previsto un'entrata a vigore "a scaglioni" delle sue disposizioni. Restano operative quelle entrata in vigore entro 30 giorni dalla pubblicazione del d.lgs. in Gazzetta Ufficiali (cfr. art. 389, comma 2) tra cui le modifiche al codice civile, quelle inerenti l'Albo dei soggetti incaricati della gestione e del controllo nelle procedure, le regole sulla competenza per la regolazione della crisi o dell'insolvenza e per l'amministrazione straordinaria.
Si spera che lo scostamento di un anno possa consentire l'entrata in vigore quando la fase peggiore della crisi sia auspicabilmente esaurita e siano state adottate (a livello nazionale ed internazionale) anche quelle misure che appaiono necessarie perché il Codice possa operare con concrete possibilità di successo.

Le ragioni dello slittamento

Il decreto legge prende atto della circostanza che, anche al cessare dell'epidemia, si protrarranno per lungo tempo le ripercussioni economiche e finanziarie provocate da un simile ed eccezionale evento.
Tanto premesso, l'Esecutivo evidenzia come il sistema delle c.d. misure di allerta, volte a provocare l'emersione anticipata della crisi delle imprese, sia stato concepito nell'ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all'interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità.
Invece, in una situazione in cui l'intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo e anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli.
Inoltre, si rammenta come il nuovo Codice voglia puntare, quanto più possibile, al salvataggio delle imprese e alla loro continuità, lasciando lo strumento liquidatorio (quello che ancora oggi è definito fallimento) come extrema ratio, cui ricorrere in assenza di concrete alternative. Pertanto, in un ambito economico in cui potrebbe maturare una crisi degli investimenti e, in generale, delle risorse necessarie per procedere a ristrutturazioni delle imprese, il Codice finirebbe per mancare incolpevolmente il proprio traguardo.
Infine, si ritiene opportuno che l'attuale momento di incertezza economica venga affrontato con uno strumento comunque largamente sperimentato come la Legge Fallimentare, in modo da rassicurare tutti gli operatori circa la possibilità di ricorrere a strumenti e categorie su cui è maturata una consuetudine.

Fallimenti: stop per 4 mesi

Ancora, il D.L. introduce disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza. Si ritiene indispensabile, per un periodo di tempo limitato sottrarre le imprese ai procedimenti finalizzati all'apertura del fallimento e di procedure anch'esse fondate sullo stato di insolvenza. A tal fine viene individuata una misura eccezionale e temporanea di durata ristretta, ma a valenza generale.
Si prevede che siano dichiarati improcedibili tutti i ricorsi (anche quelli presentati dagli imprenditori in proprio) tesi a ottenere la dichiarazione di fallimento e l'accertamento dello stato di insolvenza (anche anteriore alla liquidazione coatta amministrativa) depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020.
La misura riguarda quelle tipologie di istanze che coinvolgono imprese di dimensioni tali da non essere assoggettate alla disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese. L'unica eccezione riguarda i ricorsi presentati dal pubblico ministero e accompagnati dalla richiesta di provvedimenti cautelari a tutela del patrimonio o dell'impresa.
Scaduto tale termine, le istanze potranno essere nuovamente presentate. Nel medesimo periodo saranno sospesi anche i termini che comportano la decadenza dalla possibilità di proporre le azioni revocatorie.

Concordati: proroga di sei mesi

Il D.L. liquidità interviene anche sui termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati: quelli aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021 saranno prorogati di sei mesi. Si tratta di una misura volta a tutelare quelle procedure o accordi che avevano concrete possibilità di successo prima dello scoppio della crisi epidemica e che potrebbero risultare irrimediabilmente compromesse, con ricadute evidenti sulla conservazione di complessi imprenditoriali anche di rilevanti dimensioni.
In relazione ai procedimenti di omologa dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione ancora pendenti alla data del 23 febbraio 2020, invece, si consente al debitore di ottenere dal Tribunale un nuovo termine per elaborare ex novo una proposta di concordato o un accordo di ristrutturazione. Il debitore potrà presentare, sino all'udienza fissata per l'omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a 90 giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato.
Viene, infine, introdotto un nuovo termine "secco" di 90 giorni di cui si potrà avvalere il debitore cui sia stato concesso, alternativamente, il termine ai sensi dell'art. 161, comma sesto, l. fall. (c.d. "preconcordato" o "concordato in bianco") o il termine ai sensi dell'art. 182 bis comma settimo della legge fallimentare.

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