Lo sgombero immediato del CARA di Castelnuovo di Porto ha riportato in auge il dibattito sull'opportunità o meno di mantenere attivi i centri di accoglienza. Facciamo chiarezza sulla vicenda
di Lucia Izzo - La chiusura del C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto è stata solo la prima a detta del ministro dell'Interno Matteo Salvini, il quale ha già preannunciato la chiusura di altri simili centri per richiedenti asilo in Italia, in particolare quelli di Mineo, Bagnoli, Cona e Crotone.

Questi ultimi, negli anni si sono frequentemente distinti quali esempi poco virtuosi e modelli negativi di accoglienza, che, lungi dal realizzare integrazione, hanno comportato molti sprechi e una gestione affatto legale e trasparente, come dimostrano le numerose inchieste spalmate negli anni per maltrattamenti, truffa e infiltrazioni mafiose.

Castelnuovo di Porto, invece, è stato da molti considerato negli ultimi anni uno dei casi maggiormente virtuosi e per questo non sono mancate critiche a causa della sua chiusura, sopraggiunta senza una preventiva e adeguata comunicazione, nonché polemiche per l'abbandono improvviso dei numerosi ospiti e per la perdita del lavoro degli operatori presenti in struttura.

Difatti, oltre che sull'opportunità di smantellare o meno questi centri, l'attenzione si è soffermata sulle migliaia di migranti ospitati, loro stessi vittime, assieme allo Stato, delle gestioni malsane di molti CARA. Tuttavia, l'argomento è ancora assai dibattuto, ma procediamo con ordine.

Cosa sono i CARA?

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I CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) sono stati istituiti nel 2008 e pensati come sono centri di prima accoglienza per i migranti irregolari e richiedenti asilo o protezione internazionale.

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La gestione dei Cara è affidata al ministero dell'Interno per il tramite delle Prefetture che, a loro volta, appaltano i servizi e la gestione quotidiana dei centri a cooperative o a enti gestori privati. A tali enti lo Stato provvede poi a versare una quota al giorno per richiedente asilo, volta a garantirne l'alloggio, i pasti, l'assistenza legale e sanitaria, l'interprete e i servizi psico sociali.

La permanenza nei centri è provvisoria e non preventivamente quantificabile: nonostante la legge preveda che l'accoglienza debba durare dai 20 ai 35 giorni, molte volte i tempi sono stati assai più dilatati. Nel Cara, i migranti restano finché la loro richiesta di protezione internazionale non viene esaminata da una delle dieci commissioni territoriali competenti, che potrà riconoscergli lo stato di rifugiato o una forma di protezione diversa, oppure rigettare la richiesta.

Le ombre sui Cara

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Nel corso degli anni i Cara sono stati spesso sotto la lente dei media, in particolare in relazione a inchieste giornalistiche e giudiziarie che hanno messo in luce le pessime condizioni dell'accoglienza, ma anche irregolarità negli appalti assegnati o infiltrazioni di gruppi criminali nella gestione. Situazioni al limite che hanno portato gli attivisti, ma anche gli stessi migranti ospiti delle strutture, a chiederne la chiusura.

In tali vicende è stato coinvolto anche il Cara di Castelnuovo di Porto in passato, quando la gestione era in mano a un'altra cooperativa, al punto che gli stessi migranti avevano protestato (nel 2014) per attirare l'attenzione sulle pessime condizioni dell'accoglienza. Negli anni successivi sono altresì state denunciate le condizioni di isolamento, di sovraffollamento e la mancanza di servizi del centro.

Come riporta Internazionale, a seguito delle sgombero, gli stessi richiedenti asilo avrebbero confermato: "Il centro è lontano da tutto, viviamo in condizioni pessime, siamo agitati perché non sappiamo dove finiremo, ma il centro non va bene così".

Nel caso di Castelnuovo di Porto, in realtà, molte delle critiche hanno interessato in particolare il modus operandi del ministero dell'Interno relativamente alle modalità della chiusura, che a detta dei gestori sarebbe sopraggiunta senza preavviso e senza prevedere soluzioni alternative per i migranti in possesso di un permesso umanitario.

All'indomani dello sgombero immediato (la chiusura definitiva avverrà entro il 31 gennaio), gli ospiti della struttura si sono ritrovati scardinati da quella che ormai era una realtà in cui si erano integrati e con un futuro incerto, al punto che nei loro confronti è scattata un'accoglienza diffusa da parte degli abitanti della cittadina. Inoltre, molti verranno accolti in altri paesi e in altre regioni grazie alla collaborazione dei sindaci di città da cui sono arrivate offerte di ospitalità.

Ma a essere rimasti improvvisamente senza un impiego sono stati anche gli oltre 100 dipendenti della cooperativa Auxilium, impegnati nella struttura, che hanno protestato davanti al Ministero dello Sviluppo Economico. Il sindaco di Castelnuovo Riccardo Travaglini e i rappresentanti locali di Cgil, Uil e Cisl sono stati ricevuti dall'ufficio di gabinetto del ministro Luigi Di Maio, che ha aperto una unità di crisi per trovare entro il 31 gennaio una soluzione.

Chiusura Cara: non c'entra il decreto sicurezza

La versione definitiva del decreto sicurezza ha abrogato l'istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari, previsto dal T.U in materia d'immigrazione, ma ha introdotto tutta una serie di permessi speciali temporanei previsti in caso di: gravissime condizioni di salute; eccezionale stato di calamità del Paese di origine, rinnovabile di altri sei mesi se persiste l'impedimento al rientro; atti di particolare valore civile; vittime di tratta; violenza domestica; grave sfruttamento.

Il provvedimento, in realtà, punterebbe a potenziare la rete dei centri straordinari di accoglienza e dei Cara, provvedendo, al contrario, a ridimensionare l'accoglienza diffusa.


Il sindaco di Castelnuovo di Porto, Riccardo Travaglini, ha sottolineato che la chiusura sarebbe diretta conseguenza del ridimensionamento del sistema di accoglienza a seguito dell'approvazione del cosiddetto decreto sicurezza: "Ora è cambiato un po' tutto perché i centri Sprar vengono ridimensionati, i CARA vengono chiusi e i migranti con protezione umanitaria vengono sbattuti per strada e quindi non c'è alcuna soluzione". Il primo cittadino ha anche sottolineato come, nel caso di specie, "il modello d'integrazione funzionava".

Per altri, invece, la chiusura dei Cara non sarebbe correlata all'approvazione del decreto sicurezza, come conferma ad Internazionale Antonello Ciervo, avvocato dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi): "Gli effetti del decreto sicurezza sono slegati dalla chiusura del centro e ci sarebbero stati in ogni caso, in particolare ci sono diverse persone titolari di protezione umanitaria che rischiano di finire per strada e per loro si può fare molto poco, perché la legge è cambiata e non sono previste forme di accoglienza per chi ha una protezione umanitaria".

Il prefetto di Roma, Paola Basilone, ha precisato che per la struttura di Castelnuovo era già tutto programmato: "Il contratto di gestione, che è già stato prorogato cinque volte, scade il 31 gennaio", ha dichiarato all'AdnKronos, spiegando che "il centro andava chiuso e non c'era possibilità di continuare".

Il piano di svuotamento del centro, dunque, sarebbe stato correlato alla conclusione del rapporto con la cooperativa Auxilium, prorogato ad aprile scorso e per il quale "Non erano possibili ulteriori proroghe" secondo Basilone.

Intanto, in diretta Facebook, il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini ha precisato che "Il CARA di Castelnuovo di Porto era un grande centro di accoglienza, il secondo più grande d'Italia, che è arrivato a ospitare anche mille persone, per il quale lo Stato pagava 1 milione di euro l'anno e 5 milioni per le spese di gestione. "

"Con la riduzione degli sbarchi - ha soggiunto il ministro - si sono dimezzati gli ospiti del CARA e si sono liberati posti in altre strutture e così ci siamo trovati di fronte a una strada: rinnovare il contratto di affitto o chiudere una struttura sovradimensionata e usare i soldi risparmiati per altro?". Salvini ha altresì assicurato che "i migranti che erano nel centro di Castelnuovo di Porto, se ne hanno diritto, saranno trasferiti in altre strutture. Nessuno sarà lasciato per strada".

Ha senso chiudere i Cara?

Un dato è certo, dopo lo smantellamento del Cara di Castelnuovo di Porto, è tornato attuale il tema del sistema nazionale di accoglienza dei migranti e dell'opportunità o meno di chiudere i Cara.

In teoria, la permanenza dei richiedenti asilo in tali strutture non dovrebbe superare i 35 giorni, ma di fatto i soggiorni sono arrivati a contare anche periodi superiori a due anni. Di conseguenza, luoghi pensati per il transito temporaneo per la prima accoglienza, sono arrivate ad essere vere e proprie strutture di seconda accoglienza nelle quali sono sovente confluite persone particolarmente vulnerabili (vittime di tratta o tortura) e intere famiglie con bambini, inadatte a tale scopo proprio per la loro conformazione.
Per queste ragioni il sistema spesso non è stato improntato all'integrazione dei richiedenti asilo nel tessuto sociale. Integrazione che comunque è stata sovente resa complessa dalla circostanza che le strutture sono posizionate in capannoni o strutture dismesse appositamente riconvertite, lontano dai centri urbani e prive di servizi di collegamento. L'obiettivo del Viminale, dunque, sarebbe quello di un progressivo svuotamento dei Cara esistenti sul territorio, fino ad arrivare alla chiusura definitiva.
Nonostante le conseguenze provocate dalla chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto, da tempo molti osservatori ed esperti di immigrazione chiedono la chiusura dei Cara, mettendo in dubbio la loro efficacia quali modelli di integrazione e sottolineando i problemi di gestione, la poca trasparenza e l'inadeguatezza dei centri a ospitare in maniera dignitosa i numerosi migranti che negli anni hanno affollato i centri superando le cifre previste originariamente.

Parlando con Internazionale, la deputata di Liberi e Uguali Rossella Muroni ha dichiarato: "Nessuno vuole difendere lo status quo, perché sappiamo che i grandi centri non funzionano, ma la cosa che non capisco è come sia possibile chiudere i CARA e contemporaneamente chiudere attraverso il decreto sicurezza i piccoli centri per l'accoglienza diffusa, cioè gli SPRAR".

Quale futuro per gli ospiti dei Cara?

Quel che è certo è che la chiusura dei Cara dovrà necessariamente contemperarsi con l'esigenza di garantire agli ospiti delle strutture un adeguata ricollocazione, tenendo conto delle loro diverse situazioni personali, in particolare in relazione a soggetti vulnerabili e con situazioni delicate, come le vittime di tratta, che non meritano di essere sballottati come pacchi da un luogo all'altro.
Dal Cara di Castelnuovo di Porto sono partiti diversi autobus con persone a bordo che non erano state preavvisate dell'immediato trasferimento in altre regioni italiane. Molti di loro avevano finalmente trovato piccole occupazioni, erano impegnati in lavori socialmente utili, oppure seguivano percorsi di accoglienza e inserimento, nonché di emersione dalla tratta.
Per la deputata Rossella Muroni "Qui non c'è solo un problema con gli immigrati, questo è un problema di diritti civili. Ho incontrato un gruppo di vittime di tratta all'interno del centro che erano terrorizzate dall'idea di essere spostate, di essere divise, di essere portate chissà dove". In sostanza, ad essere criticato non è l'atto in sé, bensì il metodo.
"Nessuno vuole difendere lo status quo - ha soggiunto Muroni - perché sappiamo che i grandi centri non funzionano, ma la cosa che non capisco è come sia possibile chiudere i Cara e contemporaneamente chiudere attraverso il decreto sicurezza i piccoli centri per l'accoglienza diffusa, cioè gli Sprar".
L'assessore toscano Vittorio Bugli ha dichiarato di non essere stato informato dell'arrivo di alcuni di questi migranti nella sua regione: "Purtroppo quello che sta accadendo lo apprendo dalle agenzie perché dal ministero degli Interni, parlo per la Toscana, ma ritengo che sia lo stesso per le altre Regioni, nessuno ci ha contattato"
L'assessore auspica che "almeno vi sia un attenzione per analizzare la loro situazione, non come numeri ma come persone, e che non vengano ulteriormente divise famiglie, amicizie, situazioni comuni e che si provi a ricostruire, quanto prima e per quanto possibile, quei percorsi di integrazione bruscamente interrotti da questo sgombero brutale del Cara. E prima di tutto spero che, se tra queste persone vi sono bambini, si sia in grado quanto prima di reinserirli nel percorso scolastico"
Ancora, il timore correlato all'interruzione dei percorsi di integrazione intrapresi e agli sgomberi senza soluzioni alternative appositamente predisposte, è quello dell'alimentarsi di percorsi di "clandestinità" che metterebbero a rischio la sicurezza di tutti.

Nasce il fronte degli amministratori "No Cara"

Dall'altro lato della barricata, si trovano molte personalità delle amministrazioni comunali che si sono schierati contro i Cara e a favore della loro chiusura: "Basta passerelle, il Cara di Castelnuovo di Porto è costato agli italiani più di 72 milioni di euro e ha portato solo degrado e delinquenza" ha dichiarato all'Adnkronos Giuseppe Gioia, vicesindaco di Montelibretti, a capo del fronte degli amministratori "anti-Cara".

"Se a questi sgomberi non seguiranno i rimpatri - ha soggiunto Gioia - ci ritroveremo con centinaia di persone che vagheranno per Roma e provincia e il problema del degrado e della delinquenza sarà semplicemente spostato altrove".

Contro la struttura si schiera anche il gruppo consiliare "Insieme per Castelnuovo" che sottolinea come il Cara sia costato in dieci anni 12 milioni di euro: "L'immobile è fatiscente. Le condizioni di vita degli ospiti sono ben al di sotto del limite del decoro. Fatti di cronaca, puntualmente riportati sulla stampa, riferiscono di ripetuti episodi di degrado e criminalità. Gli stessi residenti di Ponte Storto segnalano in continuazione zone franche di illegalità intorno al Centro. Quindi l'annuncio della chiusura del Centro dovrebbe essere accolto con favore".

A criticare la descrizione di quanto sta avvenendo nel piccolo centro alle porte di Roma, sono stati anche i consiglieri comunali di Monterotondo, Torrita Tiberina, Sant'Oreste e Capena.

Foto: 123rf.com
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