Una panoramica del pensiero di alcune delle più importanti associazioni ed esperti di infanzia e adolescenza sulla riforma dell'affido condiviso targata Pillon. Lanciata anche petizione online e il 10 novembre manifestazione a Roma

di Annamaria Villafrate - Una cosa è certa, il ddl Pillon fa discutere. E non solo la politica. Anche il mondo dell'avvocatura (leggi Divorzio e affido condiviso: Aiga, su ddl Pillon serve confronto) e le associazioni che si occupano di tematiche familiari come l'affido, il benessere dei bambini e la violenza tra le mura domestiche storcono il naso. Il disegno di legge infatti, a loro dire, introduce diverse forzature. Non è costringendo i genitori a percorsi di mediazione familiare (impossibile in contesti violenti) e spaccando a metà il tempo del bambino tra mamma e papà, che si risolvono i problemi. Sono molte le azioni da compiere prima. Come lavorare sulla cultura, per rendere i padri più consapevoli e responsabili del loro ruolo e consentire alle donne le medesime opportunità di carriera per sottrarle al potere economico dell'ex marito. Questo il pensiero che emerge da una buona parte del fronte di associazioni ed esperti di infanzia e adolescenza. Ma c'è anche chi concorda pienamente con le misure che il ddl mira a introdurre. Intanto, dal mondo associazionistico è stata lanciata una petizione online e organizzata una mobilitazione generale a Roma il 10 novembre contro il ddl.

Facciamo una breve panoramica:

Ddl Pillon: il parere delle associazioni

Ecco opinioni e dubbi di alcune delle più importanti associazioni italiane sulla riforma Pillon. Il disegno di legge n. 735, si ricorda, si pone l'obiettivo di garantire la bigenitorialità:

  • dividendo equamente il tempo del bambino tra i due genitori,
  • disponendo la sostituzione dell'assegno con il mantenimento diretto
  • e contrastando il fenomeno dell'alienazione parentale.

Leggi anche Divorzio: affido condiviso e addio assegno, iniziato iter di riforma

Il progetto di riforma però non convince. Del resto, come evidenziano molte associazioni che studiano da tempo i rapporti genitori e figli nelle fasi patologiche del rapporto di coppia, anche la riforma del 2006, che ha introdotto il concetto di bigenitorialità, di fatto, non ha sortito gli effetti sperati. Le ragioni? Soprattutto una certa resistenza della magistratura, che ha ancora difficoltà a superare una cultura incentrata sul ruolo di cura della madre e di mero sostegno economico del padre. Questo nuovo disegno di legge sarà in grado di superare un retaggio culturale così radicato nel momento in cui dovrà essere applicato?

Figli per sempre, Vezzetti: "urgente colmare disparità"

Vittorio Vezzetti, pediatra esperto e fondatore dell'associazione "Figli per sempre", in favore del disegno dichiara in un'intervista ad Avvenire.it: "Era assolutamente urgente colmare l'attuale disparità tra le figure genitoriali dopo la separazione che relega l'Italia agli ultimi posti fra i Paesi occidentali in tema di bigenitorialità. Oggi in Italia l'affido paritetico riguarda solo il 3-4% dei minori e solitamente per un accordo fra le parti. L'affido materialmente condiviso riguarda circa il 5% dei casi, mentre l'affido cosiddetto materialmente esclusivo è la sorte che spetta a tutti gli altri minori italiani, quindi oltre il 90%". Il disegno di legge Pillon, secondo il pediatra, tenta di garantire la bigenitorialità attraverso tempi paritetici dei genitori da trascorrere con il figlio, compreso il pernottamento, escluso solo se si corre il rischio di pregiudicare la salute psico-fisica del minore.

Padri separati: con Ddl Pillon si pone fine a impoverimento padri

Sulla stessa lunghezza d'onda, l'Associazione Padri Separati (Aps), per cui con la riforma "i figli avranno finalmente entrambi i genitori e si porrà fine all'impoverimento dei padri, che sono ancora visti come i piloni portanti dell'economia familiare come nel dopoguerra". Così la presidente nazionale, Tiziana Franchi, commenta all'Adnkronos il ddl 735. Ddl che pone l'accento sulla bi-genitorialità "obbligatoria e non più a discrezionalità dei giudici", afferma ancora, spiegando che "l'affido condiviso, già previsto nell'ordinamento, in realtà non è applicato nella maggior parte dei casi, con la madre che viene considerata il genitore prioritario dai giudici a scapito dei padri, che vengono così penalizzati". "Se passa il ddl saremo contenti - sottolinea la Franchi - anche per quanto riguarda la nuova norma relativa all'assegno di mantenimento, che aumenta il conflitto tra coniugi". Togliendolo "non ci sarà più materia del contendere, ogni genitore contribuirà secondo le proprie risorse economiche facendosi carico rispettivamente delle spese necessarie. Nessuno - rincara - si impoverirà più". E quanto al discusso doppio domicilio a casa di mamma e papà, sostiene la Franchi: "E' un falso problema. I figli di donne che lavorano passano la maggior parte del tempo a casa dei nonni. Non sarebbe meglio se fosse a casa del padre?".

Figli con figli, Cattò: "no a mediazione obbligatoria"

Annalisa Cattò, presidente dell'associazione 'Giustizia in Famiglia - Figli con i figli', su Avvenire.it, punta il dito sull'aspetto della riforma che riguarda l'abitazione, evidenziando il diritto del bambino di sentirsi a casa propria sia dal padre che dalla madre. La Cattò contesta inoltre la mediazione obbligatoria, poiché nella realtà ci sono coppie che non sono mediabili e in cui la situazione è talmente estrema che è superabile solo attraverso percorsi separati. Discutibili anche i requisiti richiesti per diventare mediatore familiare, in genere assai severi, ma non per l'avvocato che conduca un minimo di 10 cause all'anno in materia di famiglia, che si ritrova "mediatore familiare" ope legis.

'Crescere insieme', Maglietta: "Con ddl Pillon passo indietro"

Marino Maglietta, fondatore di Crescere insieme interpellato da Studiocataldi.it afferma: "I contenuti del ddl 735 sulla riscrittura dell'affidamento condiviso presentano tali scompensi rispetto ai condivisibili scopi annunciati da non rispettare neppure gli impegni presi nel Contratto di Governo. Anzi, ammettono, e quindi rendono legittime, prassi che oggi quanto meno sono contestabili come violazioni di legge. Non ci si può limitare ad affermare dei principi, ma occorre blindarli attraverso prescrizioni ineludibili e ferrei paletti a difesa di essi. Ora, il ddl 735 fa esattamente il contrario. Concede sconti e apre varchi di grandezza autostradale, rendendo possibili perfino soluzioni più arretrate di quelle praticate attualmente. Quali siano queste criticità è stato più volte segnalato, per cui può bastare accennare giusto alle principali. Perché affiancare alla pariteticità dei tempi la loro "equipollenza" (ossia la qualità al posto della quantità)? A quali situazioni è riservata la possibilità che il giudice scenda a 12 giorni al mese anche quando sarebbe praticabile la pariteticità? Perché aggiungere una ulteriore attenuazione smantellando pure questa pseudo-garanzia inserendo opinabili eccezioni per "danno psicofisico"? Perché rimpinzare il testo di parametri metagiuridici, che danno al giudice un potere discrezionale immenso? Perché inserire riferimenti alla "residenza abituale", anticamera precisa e diretta del "genitore collocatario" che si dice di voler sopprimere? Perché lasciare in vita tutti gli stravolgimenti dell'affidamento condiviso introdotti in palese eccesso di delega dal decreto filiazione? Perché conservare la classificazione delle spese in "ordinarie" e "straordinarie", ovvero entro e fuori assegno, se davvero si vuole il mantenimento diretto?". E poi "perché insistere e prestare attenzione solo al ddl 735, quando esistono in Parlamento altre proposte con i medesimi obiettivi, equilibrate, correttamente formulate e accolte positivamente nelle passate legislature? Misteri della politica e della comunicazione".

Ami, Gassani: ‘riforma sbagliata'

Bocciatura totale della riforma anche da parte del presidente dei matrimonialisti italiani, Gian Ettore Gassani, che in un'intervista al Corriere della Sera sostiene "troppe donne senza lavoro. Questo tipo di riforma sarebbe davvero sbagliata". Nel dettaglio per il presidente Ami, "si parte da un concetto totalmente sbagliato: l'abolizione dell'assegno di mantenimento - e - si usa la genitorialità per fare la rivoluzione copernicana del diritto di famiglia". In Italia, e in particolare al Sud, spiega Gassani, "il 45% delle donne non ha un lavoro: cosa devono fare se si separano e hanno pure un figlio?". Ma non solo. "Ci sono padri che anche volendo non possono tenere i figli per la metà esatta del tempo, come vorrebbe questa riforma dell'avvocato Pillon. E quindi anche in questo caso l'abolizione dell'assegno di mantenimento non ha alcuna logica". Sul fronte mediatore familiare, rincara Gassani, non si può pensare ad una obbligatorietà, questo perché "ci sono almeno il 20% delle separazioni che hanno risvolti di tipo penale: cosa vuoi mediare in questi casi. Ci sono vicende che non sono minimamente risolvibili, che non si possono mediare. Non dimentichiamoci che la violenza in famiglia è la prima causa di morte". Un no secco dunque ad una riforma che è stata posta "come una battaglia di genere di madri contro padri. E - che - tra l'altro non tiene nemmeno conto delle nuove famiglie, dove ci sono due madri o due padri".

'D.i.Re': trappola per le donne, petizione e manifestazione

Dal sito D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) traspare tutta la preoccupazione di chi, quotidianamente vive la realtà e tocca con mano la condizione femminile in Italia. Secondo D.i.Re, il ddl sembra tornare indietro, consentendo la riappropriazione del potere maschile minacciato soprattutto dalla Convenzione d' Istanbul. Il disegno di legge è fuori contesto e non tiene conto di quanto accade "nei tribunali, nei territori e soprattutto tra le mura domestiche. Il testo sembra quasi completamente ignorare la pervasività e l'insistenza della violenza maschile che determina in maniera molto significativa le richieste di separazioni e genera le situazioni di maggiori tensioni nell'affidamento dei figli che diventano per i padri oggetto di contesa e strumento per continuare ad esercitare potere e controllo sulle madri. Ignora inoltre il persistente squilibrio di potere e di accesso alle risorse proponendo un'equiparazione tra i genitori, il doppio domicilio dei minori, l'eliminazione dell'assegno di mantenimento e dando per scontate disponibilità economiche molto spesso impossibili da garantire per le donne in un paese con elevatissimi tassi di disoccupazione femminile, dove è ancora presente il gap salariale, che continua ad espellere dal mercato del lavoro le madri, ne penalizza la carriera e garantisce sempre meno servizi in grado di conciliare le scelte genitoriali con quelle professionali, mentre scarica i crescenti tagli al welfare sulle donne schiacciate dai compiti di cura". Si critica l'istituto della mediazione familiare obbligatoria, inefficace all'interno di contesti familiari violenti.

Per la presidente di D.i.Re, Lella Palladino, in sostanza, il ddl è "una trappola in grado di imprigionare le donne, soprattutto quelle più fragili, in relazioni violente, con grave rischio per la loro incolumità e per quella dei minori".

E mentre il testo prosegue il suo cammino in commissione giustizia al Senato, la petizione online lanciata proprio da D.i.Re, ha raggiunto, ad oggi, quasi 70mila firme ed è stata promossa una mobilitazione a Roma, il 10 novembre, contro il ddl.


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