Bitcoin e criptovalute vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi. L'indicazione arriva dall'Agenzia delle Entrate

di Gabriella Lax - Bitcoin e criptovalute devono essere inseriti nella dichiarazione dei redditi. In particolare, andranno nel quadro RW del modello Redditi PF 2018 se detenute al di fuori del circuito degli intermediari residenti, ma non sono assoggettate al pagamento dell'IVAFE. L'indicazione arriva dalla risposta ad un interpello (956-39/2018) per la Direzione generale della Lombardia dell'agenzia delle Entrate. In base alla risoluzione 72/E/2016, l'amministrazione conferma che, in osservanza della circolare n. 38/E/2013 sul monitoraggio fiscale, anche le valute virtuali ricadono nell'obbligo dichiarativo RW.

Oltre a sciogliere un dubbio in vista della compilazione imminente dei modelli, la risposta fa delle precisazioni anche sui profili Irpef e Ivafe che lasciano invece aperti dubbi operativi anche in chiave RW.

Bitcoin e criptovalute nella dichiarazione dei redditi

Nella risposta, come chiarisce il Sole 24 Ore, l'Agenzia ricorda quale sia il significato di "valuta virtuale" come stabilito all'articolo 1 del decreto legislativo del 25 maggio 2017: «"valuta virtuale" è la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un'autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente».

La risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E riferisce che il bitcoin è una tipologia di moneta "virtuale" utilizzata come "moneta" alternativa, la cui circolazione si fonda su un principio di accettazione volontaria da parte degli operatori privati. I bitcoin non hanno natura fisica, ma digitale e vengono emessi e funzionano grazie a dei codici crittografici e a complessi calcoli algoritmici.

Su queste premesse la Corte di giustizia dell'Ue, nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14, ha stabilito che l'attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, fatta in modo professionale ed abituale, costituisce un'attività rilevante oltre agli effetti dell'Iva anche dell'Ires e dell'Irap, soggetta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione e di segnalazione. Quindi, ne consegue che per quanto riguarda le imposte sul reddito delle persone fisiche che possiedono bitcoin o altre valute virtuali al di fuori delle attività d'impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.

Bitcoin (e criptovalute), Iva e Irpef

Riguardo l'Irpef la risposta richiama le conclusioni della risoluzione 72/E ribadendo che le valute virtuali, detenute al di fuori del regime di impresa, possono generare un reddito diverso tassabile in base ai principi che regolano le operazioni delle valute tradizionali, previsti dall'articolo 67 del Tuir: può essere rilevante ogni conversione di bitcoin con un'altra valuta virtuale (o da valute virtuali in euro) realizzata per effetto di una cessione a termine o a pronti se la giacenza media dell'insieme dei cosiddetti "wallet" ossia i portafogli elettronici, detenuti dal contribuente, ha superato il controvalore di 51.645,69 euro per almeno 7 giorni lavorativi. La giacenza va calcolata sulla base del rapporto di cambio al 1° gennaio, rilevato sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale o in mancanza quello dove ha effettuato la maggior parte delle operazioni. In questo caso la plusvalenza si dichiara nel quadro RT del modello redditi, liquidando la relativa imposta sostitutiva del 26%. Ai fini Ivafe, in senso opposto all'assimilazione tra wallet e depositi sopra accennata, l'Agenzia precisa che le criptovalute non sono soggette a tassazione in quanto l'imposta si applica esclusivamente ai depositi e conti correnti di natura "bancaria".

Viene da domandarsi: l'obbligo di RW sussiste a prescindere dal realizzo di un reddito imponibile nel periodo d'imposta? Sembrerebbe di sì, in linea coi criteri di compilazione del quadro RW .

Ed inoltre si applica la soglia di 15mila euro prevista per depositi e conti correnti bancari? Sembrerebbe di no, considerata l'assenza di riferimenti espliciti nel documento e soprattutto la conclusione raggiunta ai fini Ivafe. La faccenda si fa delicata se si considera che, oltre agli investitori più esperti, sono molti i contribuenti a furia di sentire parlare di bitcoin e monete virtuali in generale hanno deciso di investirci davvero nelle criptovalute.

Secondo la risposta all'interpello l'investimento in criptovalute va monitorato utilizzando il cambio al 31 dicembre (o alla data di vendita), rilevato sul sito utilizzato per l'acquisto, e il codice 14 «altre attività estere di natura finanziaria» in colonna 3. Dovrebbe dunque essere quanto meno consentita la stessa modalità di compilazione "semplificata", introdotta per i dossier titoli dalla circolare 12/E/2016.


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