Sale al 23% la quota di italiani a rischio povertà. Massimo storico secondo l'analisi della Banca d'Italia

di Redazione - Il reddito medio delle famiglie italiane cresce del 3,5% rispetto al 2014, interrompendo la caduta libera avviata a partire dal 2006 (ma rimanendo comunque inferiore di 11 punti percentuali rispetto a quello del precedente decennio). Tuttavia, aumenta inesorabilmente il rischio di povertà, che sale al 23%, segnando un record storico. È quanto rileva l'indagine di Bankitalia sui bilanci delle famiglie italiane, effettuata su dati 2016, relativamente agli italiani residenti (quindi nati sia in Italia che all'estero).

Bankitalia: aumenta la povertà

Il livello di povertà, spiega l'analisi di via Nazionale, è quello di persone che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano. L'indagine mostra come la quota di rischio sia salita rispetto al 2006, per quasi tutte le fasce d'età, geografiche e professionali. Unica eccezione è costituita dai pensionati, per i quali la percentuale di individui a rischio è scesa al 16,6% (rispetto al 19% del 2006).

Più elevate invece le difficoltà per i nuclei con capofamiglia avente età inferiore a 35 anni, per cui il rischio sale al 29,7% (rispetto al 22,6%), ma anche per chi vive al Nord (dall'8,3 al 15%) e per gli immigrati, per i quali il rischio di povertà arriva al 55%. Rimane "stabilmente" elevata invece la percentuale di rischio povertà al Sud, attestata sul 39,4% (valore identico a quello di dieci anni fa).

Povertà: 30% di famiglie ha solo l'1% di ricchezza

L'indagine di via Nazionale evidenzia anche le notevoli disparità di ricchezza tra le famiglie italiane, mostrando come il 30% delle famiglie più povere detiene soltanto l'1% della ricchezza netta mentre il 5% più ricco ne controlla il 30%.

Povertà: Unc, quadro desolante, colpa del fisco iniquo

Un quadro desolante quello mostrato dall'indagine della Banca d'Italia secondo l'Unione Nazionale Consumatori. "L'aumento delle disuguaglianze dimostra l'iniquità del fisco italiano e il fatto che in questi anni si è violato sempre più l'art. 53 della Costituzione sulla progressività del sistema tributari - afferma il presidente Massimiliano Dona - riducendo le imposte che più rispettavano il criterio della capacità contributiva, come l'Imu e la Tasi, e innalzando balzelli vari, come gli oneri di sistema che paghiamo nella bolletta della luce, che colpiscono in ugual modo benestanti e famiglie in difficoltà". Da qui l'importanza che il prossimo governo, prosegue Dona, "non aumenti l'Iva per tutta la durata della prossima legislatura, misura che colpirebbe in primo luogo quel 31% di italiani che dichiarano di arrivare a fine mese con difficoltà, e si concentri - invece, conclude - su quel 10% di ricchi che possiedono il 43,9% della ricchezza netta totale".


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