Non si potranno riutilizzare, ma si potranno portare buste monouso nuove da casa. La posizione ufficiale del ministero della salute

di Marina Crisafi - Non si potranno riutilizzare, per il "rischio di contaminazioni" ma via libera ai sacchetti portati da casa per imbustare frutta e verdura al supermercato. È questa la posizione ufficiale del ministero della Salute, annunciata dal segretario generale di lungotevere Ripa, Giuseppe Ruocco, ad Adnkronos, e anticipata stamane dal ministro dell'ambiente Galletti a Repubblica.

La legge sui sacchetti a pagamento e le polemiche sui social

La legge che prevede che anche i sacchetti usati per pesare (e quindi acquistare) frutta e verdura al supermercato siano biodegradabili e ceduti a pagamento è entrata in vigore dall'1 gennaio 2018.

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Si tratta del decreto Mezzogiorno, approvato l'estate scorsa dal Parlamento (vai alla legge di conversione n. 123/2017), che, recependo la direttiva europea 720, ha introdotto una stretta sull'uso dei sacchetti di plastica, incentivando il ricorso ai sacchetti biodegradabili, ivi compresi quelli sottilissimi e trasparenti (materiale ultraleggero) con cui si pesano e prezzano i prodotti sfusi al supermercato (tra cui pane, frutta, verdura, formaggi, ecc.).

La legge impone che tali sacchetti siano a pagamento, a carico del consumatore, ma non ne fissa il prezzo (né un tetto), sancendo soltanto che non possono essere distribuiti a titolo gratuito e che il prezzo di vendita deve risultare dallo scontrino.

Da qui l'avvio del tamtam sui social (vedi l'hashtag #sacchettibiodegradabili diffuso su Twitter) con le lamentele dei consumatori di tutta Italia e le "trovate" per aggirare le nuove regole (tra cui quella di etichettare i prodotti uno per uno senza imbustarli) e l'intervento a gamba tesa dei vari partiti che ha reso necessaria la presa di posizione del ministero.

Sacchetti bio da casa, ma monouso e nuovi

Ministero che al momento ha ribadito il no al riutilizzo dei sacchetti bio perché "determinerebbe il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche" spiega Ruocco, ma che si è dichiarato favorevole all'impiego delle buste portate da casa.

Deve trattarsi, tuttavia, di buste monouso nuove e idonee per gli alimenti (come quelle che si usano per surgelare per intendersi).

Agli esercenti, in ogni caso, data la responsabilità dell'igiene dei locali gravante sugli stessi, rimane la facoltà di verificare che si tratti realmente di sacchetti nuovi.

Tale posizione, espressa a seguito della richiesta di parere da parte del ministero dell'ambiente, sarà inserita, ha chiosato Ruocco, verosimilmente in una circolare unica dei due dicasteri.

Buste frutta e verdura a pagamento: esposto dei consumatori a 104 procure

Nel frattempo, l'ira dei consumatori non si placa. Dall'Unc fanno sapere che in tal modo non si fa "nessun passo in avanti - perché - i sacchetti devono essere nuovi e non si possono riutilizzare, vanificando l'obiettivo ambientalista di ridurne l'uso". Inoltre, "va risolto il problema del rispetto della normativa sulla tara" si legge in una nota. Ciò perché il cittadino potrebbe "cadere dalla padella alla brace, finendo per ripagare una seconda volta la sua borsa nuova al prezzo della frutta o della verdura acquistata, se il suo sacchetto sarà più pesante rispetto a quello usato dal supermercato e per il quale la bilancia è tarata". Per cui, conclude l'Unione, "o si faciliterà la possibilità dei clienti di poter pesare la merce senza sacchetto contenitore, cambiando la base della bilance, attualmente piatte, oppure andrà consentito di fare la tara".

Più netta la posizione del Codacons che ha annunciato di aver presentato un esposto a 104 procure della Repubblica di tutta Italia. L'associazione, comunica in una nota, ha deciso di "lanciare una battaglia legale contro la misura pseudo-ambientale adottata in modo del tutto errato in Italia". Alle procure si chiede "di aprire indagini sul territorio alla luce del possibile reato di truffa, verificando il comportamento di ipermercati, supermercati ed esercenti nella vendita dei sacchetti biodegradabili". Questo perché, spiega il presidente Rienzi, "stanno arrivando segnalazioni da parte dei consumatori di tutta Italia che denunciano come il costo degli shopper venga loro addebitato anche in assenza di acquisto dei sacchetti (ndr. Ossia con i prodotti sfusi), in modo del tutto illegittimo". Quindi, la bilancia, denuncia l'associazione, al momento della pesatura emette "uno scontrino che contiene già al suo interno l'addebito di 2 o 3 centesimi di euro per il sacchetto di plastica" anche se il sacchetto non c'è. Pratica del tutto illecita, che potrebbe configurare l'ipotesi di truffa, dal momento che viene addebitato al consumatore un bene (lo shopper) che egli non utilizza, e che dimostra come il provvedimento sia in realtà una tassa sul consumo" conclude il codacons. Quando al no sul riutilizzo dei sacchetti, per il rischio "contaminazioni", attacca Rienzi, si tratta di una "assurdità clamorosa" - perchè - se il consumatore porta il sacchetto pulito da casa non esiste alcun rischio di contaminazione, semmai è l'ortofrutta esposta in vendita che può contaminare le buste della spesa". L'associazione annuncia, infine, istanza d'accesso al Mise per conoscere quali società producono bio-shopper in Italia, quali sono i loro profitti e l'esistenza di eventuali rapporti con membri governativi o parlamentari.


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