Assegnata alla commissione giustizia della Camera in sede referente la proposta di legge che introduce il reato di mobbing e straining nel codice penale

di Marina Crisafi - Una fattispecie penale ad hoc per il mobbing. È quanto prevede una proposta di legge depositata nel 2014, prima firmataria la deputata Maria Tindara Gullo, e assegnata il 13 ottobre scorso per l'esame alla Commissione Giustizia della Camera in sede referente.

Nello specifico, la pdl mira ad introdurre nel codice penale l'art. 582-bis in materia di molestia morale e violenza psicologica nell'attività lavorativa (mobbing e straining).

La ratio della proposta di legge: una tutela ad hoc sul mobbing

Il testo (sotto allegato) si propone dunque di colmare una lacuna dell'ordinamento, perché "la mancanza di una norma specifica che descriva e sanzioni la fattispecie del cosiddetto «mobbing» ha, spesso, determinato l'assoluzione per soggetti che hanno posto in essere condotte ritenute riprovevoli dalla generalità dei consociati, ma prive di sanzione penale specifica" si legge nella relazione.

Oggi, infatti, a meno che le condotte comunemente assimilabili al «mobbing» rientrino in differenti tipologie criminose e fatta salva la possibilità di ricorrere al giudice civile per il ristoro dei danni patiti, "la persona offesa resta priva di adeguata tutela".

La mancata individuazione circoscritta della fattispecie di reato ha determinato, dunque, prosegue la relazione, "una tutela mutilata dei diritti dei lavoratori, i quali sarebbero meglio e più adeguatamente tutelati dalla presenza di una specifica norma penale che sanzioni tipologie specifiche come il mobbing e la sua figura più attenuata, lo straining".

Da qui la previsione di una fattispecie incriminatrice ad hoc che costituirebbe "un monito ulteriore rispetto alle già previste sanzioni civili".

Una definizione di mobbing e straining

Il primo aspetto posto in rilievo dalla proposta è la definizione dei concetti di mobbing e straining.

Il primo da ritenersi configurato, seppur con "varietà di accentuazioni, sulla base delle più recenti sentenze, "come una durevole serie di reiterati atti vessatori e persecutori nei confronti del lavoratore all'interno dell'ambiente di lavoro in cui egli opera, capaci di provocare un danno ingiusto, incidente sulla persona del lavoratore e in particolare sulla sua sfera mentale, relazionale e psico-somatica, a prescindere dall'inadempimento di specifici obblighi previsti dalla normativa regolante il rapporto di lavoro". Tali condotte vessatorie possono essere poste in atto sia da superiori gerarchici («mobbing verticale» o «bossing») sia da altri colleghi («mobbing orizzontale»).

Il mobbing, quindi, presuppone, si legge ancora nella pdl, "pluralità di azioni sistematiche e durevoli, sia illecite che singolarmente lecite; che in capo al lavoratore si determini un evento dannoso, causato dalla condotta vessatoria; che sussista un nesso di causalità logica tra condotta ed evento; che sia presente l'elemento soggettivo del «mobber» il quale, approfittando della sua posizione di superiorità, «attacca» la vittima con la sua condotta al fine di emarginarla".

Diversamente, invece, "se le azioni si presentano come singole, si ha la fattispecie ricadente nel concetto di straining (riconosciuto per la prima volta con la pronuncia del tribunale del lavoro di Bergamo nel 2005, e confermato dalla Cassazione penale n. 28603 del 3 luglio 2013), ovvero un'azione unica e isolata con effetti duraturi nel tempo che determini stress forzato e duraturo tale da provocare effetti negativi nell'ambiente di lavoro".

Il nuovo reato di mobbing ex art. 582-bis c.p.

Nel merito, la proposta di legge si compone di due articoli, il primo finalizzato alla promozione della tutela dei lavoratori nei confronti dei fenomeni discriminatori all'interno dell'ambiente di lavoro e il secondo che definisce le fattispecie da incriminare ed individua le rispettive sanzioni.

In particolare, il ddl, mira ad introdurre nel codice penale, l'art. 582-bis, rubricato "Mobbing e straining" che punisce, "salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro o il lavoratore che, in pendenza di un rapporto di lavoro, con più azioni di molestia, minaccia, violenza morale, fisica o psicologica ripetute nel tempo ponga in pericolo o leda la salute fisica o psichica ovvero la dignità di un lavoratore - con - la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 5.000 a euro 20.000".

Laddove la condotta sia realizzata "con un'unica azione", e si versi dunque nell'ipotesi dello straining, la pena prevista è da 3 mesi a due di reclusione e la multa da 3mila a 15mila euro.

Il delitto, in ogni caso, è procedibile d'ufficio.

Ddl reato mobbing

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