La riforma della magistratura onoraria fa i suoi primi passi tra le acerbe proteste dei diretti interessati

di Valeria Zeppilli - È attesa entro metà novembre una delibera con il quale il CSM dovrebbe bandire 400 posti da magistrato onorario, per i quali il Ministero della giustizia ha già messo a disposizione 8,5 milioni di euro.

Si tratta della prima tappa del percorso che, a seguito dell'emanazione della riforma della magistratura onoraria di cui al decreto legislativo numero 116/2017, condurrà verso il graduale completamento della nuova veste disegnata per i giudici di pace, i magistrati onorari di tribunale e i vice procuratori onorari, fissato per il 2025, anno in cui le nuove competenze dei giudici di pace diverranno effettive.

La riforma in breve

In breve, le principali novità della riforma sono rappresentate dalla realizzazione di uno statuto unico della magistratura onoraria; dalla riorganizzazione dell'ufficio del giudice di pace e del ruolo e delle funzioni dei magistrati onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari; dalla previsione di un quadro omogeneo dei compensi e di un regime previdenziale e assistenziale parametrato sull'onorarietà dell'incarico; dall'elencazione dei compiti e delle attività che il magistrato togato potrà delegare al magistrato onorario; dal riconoscimento della temporaneità intrinseca dell'incarico e della natura formativa delle attività che i magistrati onorari svolgono presso le strutture organizzative di appartenenza.

Sciopero in atto

I diretti interessati della riforma, tuttavia, non hanno gradito le novità che la stessa ha apportato e hanno iniziato una battaglia già prima del suo varo che è tutt'altro che sopita.

Oggi, ad esempio, essa è sfociata in uno sciopero rilevante, che interesserà le aule di giustizia sino al prossimo 6 ottobre e che già sta ovviamente paralizzando le udienze civili e penali.

Alla base del malcontento c'è la riforma in generale e, in particolar modo, gli aspetti relativi ai carichi di lavoro (due giorni di impegno alla settimana) e alla retribuzione (poco più di 16mila euro lordi, ai quali vanno sottratti il carico fiscale Irpef e i costi della previdenza).

Dopo lo sciopero, il passaggio successivo della protesta sarà quello di sbarcare dinanzi al Parlamento europeo, che il prossimo 22 novembre è chiamato a verificare se la recente riforma è conforme ai dettami dell'Unione Europea.

Valeria Zeppilli

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