Il ddl all'esame della Camera propone un assegno divorzile che compensi le disparità provocate nei coniugi dalla fine del matrimonio, tenendo conto di una serie di parametri diversi dal tenore di vita
di Lucia Izzo - Un assegno destinato a "compensare, per quanto possibile, le disparità" provocate nei coniugi dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti del matrimonio, la cui determinazione è vincolata alla previa valutazione, da parte del Tribunale, di una serie di parametri tra cui le condizioni economiche del coniuge alla fine del matrimonio, l'impegno nella cura dei figli, la mancanza di un'adeguata formazione professionale a causa dell'adempimento dei doveri coniugali.

È quanto previsto da una proposta di legge, la n. 4605 (qui sotto allegata), assegnata alla Commissione Giustizia alla Camera per l'esame, che prevede di modificare l'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile.

Le problematiche legate all'assegno divorzile

La relazione introduttiva pone in evidenza le problematiche emerse dall'analisi dei casi giurisprudenziali, dovute, da un lato all'eccessiva entità dell'assegno disposto a favore del coniuge "debole", mentre, in altri casi, alle difficili condizioni di vita in cui vengono a trovarsi gli ex-coniugi (generalmente i mariti) costretti a corrispondere un assegno che assorbe parte cospicua del loro guadagno.

Situazioni derivanti, secondo i relatori, dall'interpretazione che una consolidata giurisprudenza fa della norma sull'assegno post matrimoniale, ravvisando come primo presupposto e criterio di determinazione dell'assegno, l'assenza di un reddito sufficiente a mantenere il tenore di vita di cui si godeva in costanza di matrimonio.

"Tenore di vita": il contrasto giurisprudenziale dopo la sentenza n. 11504/2017

In giurisprudenza, tuttavia, un segno contrario a tale interpretazione è giunto dalla Corte di Cassazione (sent. 11504/2017), che ha abbandonato il criterio del "tenore di vita" per quanto riguarda la concessione e determinazione dell'assegno divorzile, sostituendolo con la valutazione dell'autosufficienza economica del partner, interpretazione avvallata da molti giudici di merito (per approfondimenti: Divorzio: la Cassazione dice addio al tenore di vita. Ecco le motivazioni).

In base alla nuova interpretazione, l'ex coniuge che non percepisca quanto è strettamente necessario per vivere può pretendere solamente gli alimenti, senza che si possa fare alcun riferimento al rapporto matrimoniale ormai estinto (per approfondimenti: Divorzio: assegno solo se l'ex coniuge ha bisogno).

Altre sentenze hanno, invece, escluso che lo stato di povertà sia il necessario presupposto dell'assegno divorzile, perseguendo ancora il criterio del tenore di vita (per approfondimenti: Divorzio: a volte ritornano. La giurisprudenza lascia spiragli all'assegno all'ex).

L'intervento del legislatore, secondo i relatori, diviene dunque necessario per risolvere il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare, fissando precise linee normative rispondenti all'esigenza di evitare, da un lato, che lo scioglimento del matrimonio sia causa di indebito arricchimento e, dall'altro, che sia causa di degrado esistenziale del coniuge economicamente debole che abbia confidato nel programma di vita del matrimonio, dedicandosi alla cura della famiglia rinunciando in tal modo a sviluppare una buona formazione professionale e a svolgere una proficua attività di lavoro o di impresa.

Un'esigenza in linea anche con quanto stabilito dagli ordinamenti europei, tanto da avanzare una proposta volta a prevedere, anche nel nostro ordinamento, una soluzione di equità familiare tanto attesa dalla società civile.

La proposta: assegno divorzile per compensare le disparità

La proposta prevede di sostituire il sesto comma dell'art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, prevedendo una serie di disposizioni che andrebbero ad applicarsi non solo allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma anche delle unioni civili.

In sostanza, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (o con il provvedimento che scioglie l'unione civile), il Tribunale potrà disporre l'attribuzione di un assegno a favore di un coniuge, destinato a compensare, per quanto possibile, la disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita dei coniugi.

Nella determinazione dell'assegno, inoltre, il Tribunale dovrebbe preventivamente tener conto di una serie di circostanze, ovverosia: le condizioni economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio; le ragioni dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; la durata del matrimonio; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il reddito di entrambi; l'impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili, assunto dall'uno o dall'altro coniuge; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive; la mancanza di un'adeguata formazione professionale quale conseguenza dell'adempimento di doveri coniugali.

Tenuto conto di tali circostanze, prosegue la proposta, il Tribunale potrà predeterminare la durata dell'assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili. L'assegno non sarà dovuto, invece, nel caso in cui il matrimonio sia cessato o sciolto per violazione, da parte del richiedente l'assegno, degli obblighi coniugali.


Proposta di Legge n. 4605 - Assegno Divorzile
Vedi anche:
La guida legale sul divorzio

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