Così il tribunale di Messina ha condannato un rapinatore a 7 anni e 7 mesi sulla base del giuramento dell'anziana vittima

di Gabriella Lax - Se la vittima giura ed è credente si può essere sicuri che riporti i fatti per come sono andati insomma che dica la verità. A stabilirlo la prima sezione penale del Tribunale di Messina che, come riporta il quotidiano del Consiglio Nazionale Forense, Il Dubbio, ha condannato un presunto rapinatore a 7 anni e 7 mesi sulla sola base del giuramento della vittima

Il giuramento di un'anziana donna rapinata

Nella vicenda la vittima è stata una donna anziana, costretta a salire in macchina e poi rapinata. Le tante incertezze fino a quel momento hanno convinto i giudici del caso ad adottare una soluzione come mai prima d'ora. Il difensore dell'anziana, l'avvocato Bonaventura Candido, ha presentato ricorso in appello e ha segnalato l'inusuale rilievo attribuito dalla sentenza di primo grado alle convinzioni religiose dell'anziana rapinata. Nel caso di specie, il collegio aveva ritenuto che la fede potesse giustificare le contraddizioni evidenziate nell'impianto probatorio. La stessa anziana nel momento in cui aveva fatto la denuncia non aveva riconosciuto il presunto rapinatore. Tuttavia la sentenza chiarisce «non può escludersi che, pur avendolo riconosciuto, proprio per spirito cristiano, essendo profondamente credente, non l'abbia spontaneamente denunciato». Come si spiega che l'anziana donna richiamata dalla Procura riusciva ad identificare successivamente il presunto rapinatore? Anche questo giusto quesito trova una risposta: «La donna, posta innanzi all'alternativa di dire la verità, (dunque di non commettere oltre che reato anche peccato per violazione dell'ottavo comandamento) decideva di collaborare» e riconosceva uno dei due rapinatori. 

Il fatto importante nella vicenda come rilevano i giudici del collegio sono le dichiarazioni dell'anziana vittima che la dicono lunga sulla spontaneità delle sue convinzioni: in dibattimento l'anziana rapinata ha iniziato così: «Dico la verità, se no u signuri mi castiga». Su questa base, i giudici hanno condannato il rapinatore. 


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