Dire 'c...o' sul posto di lavoro puo' costare una multa per il reato di ingiuria. Il linguaggio da caserma, dice infatti la Corte di Cassazione, se 'tollerabile in ambienti familiari o amicali' assume 'chiaro significato dispregiativo' se 'adoperato in ambito lavorativo'. A fare le spese della decisione di piazza Cavour, il preside di una scuola pugliese, Francesco T., finito nei guai con la giustizia per avere detto ad una insegnante che lamentava la mancata informazione della nomina di una nuova docente, 'c...o, 'sto povero preside non puo' nominare neanche chi vuole'; e alla reazione indignata della prof. aveva aggiunto 'fottiti'. I fatti incriminati si sono svolti nel corso di un consiglio di insegnanti, esattamente 'al termine di una riunione di un collegio di docenti quando l'insegnate Rosa Maria B. aveva lamentato che il preside aveva smesso di informare preventivamente il collegio della nomina di una nuova docente nella Commissione per il piano dell'offerta formativa'. Di qui la reazione del preside. Condannato dalla Corte d'appello di Bari, luglio 2003, a 100 euro di multa per il reato di ingiuria, il preside Francesco T. si e' opposto in Cassazione facendo notare che non era stato verificato il 'reale significato offensivo dell'espressione'.

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