Le novità del disegno di legge presentato alla Camera e sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari
di Gabriella Lax - Distruggere il volto ed i connotati spinti da odio e vendetta. L'omicidio di identità per chi sfregia le donne, potrebbe diventare legge grazie alla proposta presentata alle Camere, sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari. Si tratta di un disegno di legge per sanzionare con pene molto pesanti, sino a 18 anni di carcere, chi è colpevole di lesione al volto con acido o fuoco. Per la prima volta in questa legislatura, il documento è stato sottoscritto da senatrici di tutti i gruppi, ed è stato presentato al Senato dalla prima firmataria, Laura Puppato (Pd) e dal ministro per la Pubblica Istruzione Valeria Fedeli. Un disegno che mira a colmare rapidamente il vuoto legislativo per regolare i casi di sfregio offerti dalla cronaca istituendo una nuova fattispecie con l'introduzione nel codice penale degli artt. 577-bis, 577-ter e 577-quater. 
Un testo suggerito concretamente dalla tragica vicenda di Carla Caiazzo, la donna data alle fiamme il 2 febbraio 2016 dall'ex compagno mentre era incinta, presente quando è stato illustrato il ddl e dal cui appello è stato dato impulso alla stesura del testo. E' la Puppato a raccontare su Repubblica le prerogative del disegno di legge. «La nuova norma, punendo con la reclusione non inferiore a 12 anni - avverte - fornisce ai magistrati gli strumenti per comminare pene adeguate in modo rapido». Dunque, il ddl evidenzia, come avvenuto per il reato di femminicidio, che l'avere una relazione affettiva con la vittima rappresenta un'aggravante e ribadisce (se vi fossero dubbi) che «chi dice di amarti e ti causa danni deve essere punito di più - infatti - la pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi dall'ascendente o dal discendente, dal coniuge, anche legalmente separato, dalla parte dell'unione civile o da persona legata alla persona offesa da relazione affettiva o con essa stabilmente convivente». Come è già avvenuto con la legge per la tutela degli orfani di femminicidio si pensa anche a garantire economicamente le vittime e i figli. 
«Nei casi di condanna si applicano quali pene accessorie l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno, la perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa, nonché la sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte».

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