Meno soldi di indennita' alle libere professioniste in dolce attesa. Lo sancisce la Corte di Cassazione che, dopo due pareri contrari, ha accolto il ricorso presentato dall'Ente di Previdenza e Assistenza per i Farmacisti contro l'indennita' di maternita' accordatata ad una farmacista, Paola B., nella misura di oltre 40 milioni di vecchie lire. L'Ente di previdenza era stato condannato dalla Corte d'appello milanese a pagare 'la differenza rispetto alla somma versata nella misura minima prevista dalla legge', in virtu' della legge 379 del '90 che 'tende a valorizzare il dato obiettivo connesso alla libera professione in qualsiasi forma svolta'. Un ragionamento che per la Suprema Corte non puo' essere applicato a chi svolge l'attivita' di libero professionista in quanto 'ai fini dell'indennita' di maternita' in favore del libero professionista va preso in esame soltanto il reddito professionale denunciato ai fini fiscali come reddito autonomo percepito nel secondo anno precedente a quello della domanda'. Per ben due volte l'Ente Previdenza e Assistenza per i farmacisti si era visto bocciare la sua protesta. (Tribunale di Milano, aprile 2001 e Corte appello milanese, settembre 2002). Contro il doppio verdetto, l'Ente di previdenza ha protestato con successo in Cassazione. La Sezione Lavoro (sentenza 12260) ha accolto il ricorso. Sara' ora la Corte d'appello di Brescia a ridurre l'indennita' di maternita' accordata alla libera professionista.

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