Si allarga la polemica sul bando dell'Asl Lazio per l'assunzione di medici non obiettori. In Italia sono 7 su 10 i medici che dicono no

di Marina Crisafi - Medici non obiettori per gli aborti. È questo il requisito richiesto dal bando indetto dall'Asl del Lazio per l'assunzione al San Camillo di Roma di medici dedicati all'interruzione di gravidanza. Una decisione, fortemente voluta dal presidente della regione, Nicola Zingaretti, per assicurare l'applicazione della legge 194, ma che ha sollevato sin dal suo nascere e continua a sollevare un polverone tra estremisti cattolici e non solo. Ad insorgere infatti non è solo la Cei secondo la quale così si "snatura l'impianto della legge 194 che non aveva l'obiettivo di indurre all'aborto ma prevenirlo". In tal modo, scrive la Cei sul proprio quotidiano Avvenire, citando le dichiarazioni di don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute, "non si rispetta un diritto di natura costituzionale quale è l'obiezione di coscienza». Senza contare, aggiunge don Arice, che il ministero della salute "ha fatto recentemente un'indagine appurando che il numero di medici non obiettori risulta sufficiente per coprire ampiamente la domanda» di interruzioni volontarie di gravidanza.

Ma a dubitare sulla bontà del provvedimento c'è anche il ministero della salute. La stessa Lorenzin in audizione in Parlamento aveva detto che "non è possibile reclutare personale sanitario con contratti a tempo indeterminato, ponendo il requisito 'non obiettore'", si tratta infatti di una "modalità discriminatoria di reclutamento del personale, atteso che la legge prevede di cambiare idea nel corso della carriera lavorativa".

Dal canto suo, Zingaretti chiarisce di aver "affrontato il grande tema dell'attuazione vera della 194, nei modi tradizionali, ma visto la condizione che c'era - di aver sperimentato - forme molto innovative di tutela di una legge dello Stato che altrimenti verrebbe disattesa". Spiegando come tutto si inquadri nella strategia di investimenti sanitari dell'ultimo periodo e sottolineando come sia necessario "garantire alle donne un diritto sancito dalla legge".

Dalla parte del presidente, i Radicali italiani, Riccardo Magi e Antonella Soldo, secondo i quali "il concorso riservato a soli medici non obiettori indetto dall'ospedale San Camillo è una misura non solo necessaria, ma ormai indispensabile". Nel quadro complessivo, "che vede 7 ginecologi su 10 fare obiezione di coscienza, l'applicazione della legge 194 è infatti a rischio in buona parte del paese. Ci sono regioni, come il Molise, dove i medici non obiettori sono soltanto 2, e il carico di interruzioni volontarie di gravidanza per ognuno è di 4,7 a settimana" proseguono. 

Circa il 70% dei medici italiani, infatti, ossia 7 su 10, stando alla relazione del ministro della Salute sulla attuazione della legge 194 (trasmessa al Parlamento con i dati 2014/2015) dicono no all'aborto. 

Ecco perché - continuano i Radicali - "i bandi come quello del San Camillo andrebbero estesi a tutte le regioni, affinché nei reparti di ginecologia vi sia almeno il 50% di personale non obiettore".

Ora i ginecologi che andranno in forze al San Camillo verranno impiegati nel reparto che si occupa di interruzioni della gravidanza nel settore "per l'applicazione della legge 194" del Day Hospital e Day Surgery e non potranno mai diventare obiettori di coscienza, a pena di inadempienza contrattuale e licenziamento.


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