Il carcere puo' essere l'unico luogo in grado di 'controllare e contrastare le spinte devianti' dei baby spacciatori quando alle loro spalle c'e' una 'famiglia disgregata'. La Corte di Cassazione torna sull'utilita' della custodia cautelare per i baby delinquenti, bocciando la misura alternativa, e meno afflittiva, dell'affidamento nella comunita' di recupero. Lo fa con una sentenza della Quarta sezione penale, depositata oggi, che si e' occupata del caso di un 17enne palermitano, Fabrizio T., cui il Tribunale della Liberta' di Palermo, nel novembre 2004, aveva confermato la legittimita' della custodia cautelare in carcere in relazione alle 'diverse operazioni di cessione di sostanze stupefacenti' delle quali il minore si era reso protagonista. Per la Suprema Corte, che ha bocciato la richiesta del ragazzo di entrare in una comunita' di recupero, la galera puo' essere l'unica misura correttiva per lui 'considerata la disgregazione familiare e l'impossibilita' della stessa di controllare e di contrastare le spinte devianti'. Tenuto conto poi della 'detenzione del padre per spaccio', la Suprema Corte ha decretato che 'la misura custodiale in carcere', per Fabrizio T., appare l'unica applicabile perche' il collocamento in comunita' non e' proponibile per chi e' rimasto sordo ad ogni richiamo e ha continuato a delinquere'.

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