L'unione delle camere penali italiane scrive al ministro Orlando e ai senatori per criticare il ddl penale in discussione in aula

di Redazione - "Allungare la prescrizione finisce con l'allungare i tempi del processo". Lo sostiene l'unione delle camere penali nella lettera di critica inviata al ministero della Giustizia e ai senatori contro il ddl di riforma penale che contiene anche la riforma della prescrizione in discussione in questi giorni in assemblea. 

La proposta, protestano i penalisti, tornata in Senato in base all'emendamento "Casson, era già stata formulata e respinta in sede di commissione Giustizia e rischia di trasformarsi in uno strumento devastante".

Se da una parte, risponde "ad un criterio di ragionevolezza che il tempo estingua reati per cui non è più agevole indagare, e che il diritto all'oblio agisca per impedire che le pene vengano scontate da una persona diversa da quella che aveva commesso il reato, è anche vero - sostiene l'associazione - che la prescrizione svolge un ruolo di contenimento dei tempi processuali".

I nuovi tempi, a detta delle camere penali, riguarderebbero in particolare reati, come quelli contro la p.a. "per i quali maggiore è l'interesse della collettività ad una risposta definitiva e sollecita. Non ha senso che un cittadino attenda due decenni per sapere se un uomo politico ha male amministrato la sua città rendendosi responsabile di un reato di corruzione".

Per l'unione, in rappresentanza degli 8mila avvocati iscritti, quanto introdotto dall'emendamento Casson lascerebbe in sostanza "la stessa parte civile in attesa di una sentenza definitiva, inibendogli la possibilità di ottenere l'eventuale risarcimento, lascerebbe l'intera società nel dubbio sulle responsabilità di un concittadino o un amministratore in quanto né il rinvio a giudizio, né una sentenza di primo grado, possono ritenersi sufficienti a soddisfare la domanda di giustizia". Un'incertezza che si estenderebbe anche ai rapporti amministrativi, lavorativi, dei sequestri, delle provvisionali tutti legati agli esiti finali del processo.

Casomai, concludono gli avvocati, bisognerebbe guardare "ad una differente soluzione delle attuali inefficienze sistemiche (come è noto oltre il 70 % dei reati si prescrive nella fase delle indagini preliminari), e riflettere anche su ulteriori gravissimi effetti distorsivi che una simile riforma potrebbe avere sull'assetto del processo penale già gravato da evidenti squilibri". 


Per approfondimenti leggi: "Riforma penale: atti processuali più sintetici


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