O tagli i dread o niente scuola! È questa la contestata decisione presa dalla dirigente dell'istituto alberghiero di Riccione

di Marina Crisafi - O tagli i dread o niente scuola! È questa la contestata decisione presa dalla dirigente dell'istituto alberghiero di Riccione che ha sospeso uno studente minorenne iscritto al corso di "Operatore della ristorazione (finanziato dalla Regione Emilia-Romagna) a causa della sua "acconciatura rasta" ritenuta non consona alle regole della scuola.

Dopo una prima ammonizione, il ragazzo ha insistito a voler mantenere il proprio taglio di capelli e quindi è stato sospeso per tre giorni.

A nulla sono valsi i tentativi "bonari" da parte dei genitori che hanno accompagnato il figlio sedicenne a scuola chiedendo che venisse reintegrato, né tanto meno la "buona condotta" dell'allievo che ha sempre ottenuto ottimi voti ed è anche stato scelto per uno stage in un locale della riviera romagnola.

La dirigente, infatti, non ne ha voluto sapere di ritirare la sanzione, appellandosi al regolamento dell'istituto che vieterebbe al ragazzo di portare i "dreadlock" per questioni igienico sanitarie.

Ma contro l'irremovibile decisione della scuola si sono schierati sia politici che sindacati.

La vicenda, infatti, tramite un'interrogazione di Sel è approdata direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione, al quale si chiede un intervento immediato, per garantire il diritto di espressione assicurato ad ogni persona, tanto più adolescente, giacché "non si possono confondere le regole igienico-sanitarie, che nulla hanno a che fare con la lunghezza dei capelli, con il gusto personale" si legge nell'interrogazione del deputato Giovanni Paglia.

Dal canto loro, i sindacati entrano a gamba tesa contro la dirigente sostenendo che la "scuola è aperta a tutti" e stigmatizzando l'inaccettabilità e l'intollerabilità delle azioni e delle dichiarazioni rese dalla scuola che "dinanzi ad un minore in obbligo formativo prima di tutto deve mettere in atto misure di accoglienza e non di allontanamento" dalle attività didattiche.

Un atteggiamento, conclude la Cgil riminese, "lesivo della libertà personale e del diritto allo studio del minore che non può essere pregiudicato da un comportamento discriminatorio della struttura formativa" e che quindi non può restare impunito occorrendo non solo il ritiro immediato del provvedimento punitivo ma anche la valutazione sull'operato della dirigente che "impedisce di fatto l'applicazione degli artt. 3, 13 e 30 della Costituzione".


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