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Avv. Nicola Traverso -


Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (G.U. 277 del 28/11/2014) il Decreto legislativo "Semplificazioni Fiscali" n. 175/2014 è definitivamente entrato in vigore il 13 dicembre 2014. Già approvato dal Consiglio dei Ministri dello scorso 30/10/2014, il decreto attua la Delega fiscale affidata al Governo con la legge n. 23 del 11/3/2014, e contiene varie disposizioni in materia di semplificazioni fiscali.

Tra le novità più rilevanti figura l'art. 31, che incide sull'art. 26, comma 2 del DPR 633/1972 (cd. Decreto IVA) in tema di note di variazione IVA.

Come chiarito dalla Relazione Illustrativa allo schema di decreto presentato al Consiglio dei Ministri, la novella ha l'obiettivo di coordinare tra loro due diverse normative:

  • la disciplina ai fini della deducibilità delle perdite su crediti, con riferimento alle imposte sui redditi, e
  • la disciplina prevista dal D.P.R. IVA in tema di variazione di imponibile e di imposta.

La modifica in esame si è resa necessaria infatti per consentire che, a seguito della stipula di un Accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'art. 182-bis L.F., ovvero di un Piano attestato di risanamento ex art. 67 co. 3, lett. d) L.F., pubblicato nel Registro delle Imprese, il fornitore che ha emesso una fattura in relazione a operazioni successivamente non pagate in tutto o in parte dal debitore, abbia la possibilità:

  • sia di dedurre le perdite su crediti ai fini della determinazione del reddito d'impresa;
  • sia di recuperare l'IVA originariamente versata all'Erario al momento di effettuazione della fornitura il cui corrispettivo non sia stato pagato.

La nuova formulazione dell'art. 26, comma 2 DPR 633/1972 è dunque la seguente (in grassetto la novità):

"Se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'art. 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'art. 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'art. 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'art. 25. Il cessionario o committente, che abbia già registrato l'operazione ai sensi di quest'ultimo articolo, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell'art. 23 o dell'art. 24, salvo il suo diritto alla restituzione dell'importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa."

La formulazione previgente di questa norma del Decreto IVA circoscriveva l'esercizio della facoltà di emettere una nota di variazione ai fini dell'Imposta sul Valore Aggiunto a ipotesi tassative. Specificamente, l'operazione originaria per la quale era stata emessa fattura doveva essere venuta meno (in tutto o in parte) oppure se ne doveva essere ridotto l'ammontare imponibile, a causa di una delle seguenti circostanze:

  • dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e casi assimilabili;
  • mancato pagamento, totale o parziale, a causa di procedure concorsuali o esecutive rimaste infruttuose;
  • applicazione di abbuoni o sconti contrattualmente previsti.

Il Decreto "Semplificazioni fiscali" introduce quindi due ulteriori fattispecie, che legittimano il creditore a emettere  una nota di variazione IVA senza limiti temporali:

  • l'Accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F. omologato;
  • il Piano attestato di risanamento ex art. 67, co. 3 lett. d) L.F. pubblicato nel Registro Imprese.

 

1) Accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F.: nota di variazione IVA senza limiti temporali e deducibilità delle perdite su crediti

L'art. 182-bis L.Fall. prevede che un accordo stragiudiziale con i creditori per la ristrutturazione dei debiti possa essere omologato con decreto del Tribunale se raggiunge il consenso dei creditori che rappresentino il 60% dei debiti.

Ai sensi della nuova disciplina, l'emanazione del decreto giudiziale determina quindi l'insorgere del diritto del creditore all'emissione della nota di variazione IVA sulla parte oggetto di falcidia, cioè sulla parte di credito non recuperata nell'ambito dell'accordo di ristrutturazione (o, più precisamente, sulla percentuale di credito persa a causa dell'adesione all'accordo).

Va evidenziato che di questa nuova facoltà non può avvalersi il "creditore estraneo", cioè il creditore che non abbia dato il consenso alla proposta di accordo (e che, secondo la legge fallimentare, deve essere soddisfatto entro 120 giorni  dalla scadenza del credito o dall'omologazione, se già scaduto a quella data).

Vista la nuova formulazione dell'art. 26, comma 2 DPR 633/1972, pare potersi affermare che - mentre per le procedure concorsuali e/o esecutive il diritto alla detrazione sorge dal momento in cui risulta definitivamente acclarata l'infruttuosità della partecipazione alla procedura da parte del creditore - nel caso di Accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis e Piani attestati di risanamento ex art. 67, co. 3 lett. d) L.Fall. il diritto alla detrazione prescinda dalla verifica della definitiva infruttuosità della procedura. Tale differenza di disciplina pare invero ragionevole, nella misura in cui gli accordi e i piani implicano di per se stessi una rinuncia del creditore aderente a una parte del suo credito.

Secondo il nuovo dettato normativo, quindi, il diritto alla deducibilità può essere esercitato:

  • per gli accordi di ristrutturazione, a decorrere dall'omologazione;
  • per i piani attestati, a decorrere dalla loro pubblicazione nel Registro delle Imprese.

Come già accennato, la precedente formulazione dell'art. 26, comma 2 DPR 633/1972 non contemplava l'accordo ex art. 182-bis L.F., al quale conseguentemente si applicava la previsione del successivo comma 3, che poneva il termine di un anno alla possibilità di emettere la nota di variazione:

"Le disposizioni del comma precedente non possono essere applicate dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell'operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e possono essere applicate, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all'applicazione del settimo comma dell'art. 21".

Questo comma 3 permette di recuperare l'IVA solo se la nota di variazione sia stata emessa entro un anno dall'effettuazione dell'operazione (individuata ex art. 6 DPR 633/1972): decorso quel termine, l'IVA riferita alla parte di credito insoddisfatta non è più detraibile. Va però evidenziato che tale somma, fino a quel momento costituente una componente finanziaria, diventa un "costo", e che, conseguentemente, può concorrere alla determinazione della perdita su crediti  al fine di ottenere il beneficio fiscale della deducibilità ai sensi dell'art. 101, comma 5 TUIR.

In tale ipotesi - prima dell'entrata in vigore del D.lgs. 145/2014 - il beneficio fiscale era chiaramente minore rispetto a quello conseguibile per i crediti insoddisfatti a causa di procedure concorsuali del debitore, i quali godevano infatti del credito IVA emergente dalla nota di variazione (non soggetta a limiti temporali).

Pertanto, considerato che la precedente formulazione del comma 2 non parlava anche di accordi ex art. 182-bis L.F., e che infatti l'Agenzia delle Entrate (circ. 40/2008 e 13/2009) aveva chiarito che l'accordo di ristrutturazione non era assimilabile alle procedure concorsuali, è evidente come i creditori che avessero acconsentito a un accordo di ristrutturazione dei debiti erano penalizzati rispetto a quelli la cui controparte accedeva a un fallimento o a un concordato preventivo.

In conclusione, la novità introdotta dal Decreto "Semplificazioni fiscali" consente anche ai creditori che abbiano dato consenso a un accordo ex art. 182-bis L.F. (poi omologato) di emettere nota di variazione IVA senza limiti temporali.

 

2) L'analogia con la disciplina della detassazione delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti

Da una visuale più ampia può osservarsi come la soluzione scelta dal legislatore sia analoga a quella adottata nel caso della "non imponibilità delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti" ex art. 33, comma 4 del Decreto Sviluppo 83/2012, attraverso il quale è stata adeguata la disciplina del TUIR ai nuovi strumenti di composizione concordata delle crisi d'impresa, previsti dalla riforma del diritto fallimentare in alternativa alle procedure concorsuali "tradizionali".

Ai fini della determinazione del reddito d'impresa del debitore, sono dunque irrilevanti le componenti positive rappresentate dalla riduzione dei debiti, conseguente a un Accordo di ristrutturazione dei debiti omologato oppure a un Piano attestato di risanamento pubblicato nel Registro Imprese (ma solo per la quota eccedente le perdite pregresse e di periodo ex art. 84 TUIR).

Questo regime di favore per il debitore riguarda tutti i casi in cui la riduzione dei debiti (cioè la sopravvenienza attiva) non comporti aggravio impositivo né quando emerga al momento dell'omologa dell'accordo, né nel caso in cui si manifesti al momento della sua esecuzione, né quando si produca in esito a una azione intrapresa per ottenere l'adempimento dell'accordo.

Tuttavia, l'effetto esdebitatorio comporta anche una consumazione delle perdite fiscali correnti e di quelle pregresse, perché in caso di accordi e piani attestati la sopravvenienza attiva è detassata - per espressa previsione normativa - per la sola parte che eccede le perdite fiscali pregresse e di periodo.

 

3) Piani attestati di risanamento: nota di variazione IVA senza limiti temporali e vincoli alla deducibilità delle perdite su crediti

Come già accennato, la novità in tema di nota di variazione IVA vale anche per i creditori che abbiano aderito a un piano di risanamento attestato e pubblicato nel registro imprese ex art. 67, comma 3 lett. d) L.F. e che per tale motivo abbiano visto ridurre il proprio credito: anche per loro è oggi possibile emettere nota di variazione IVA senza limiti temporali, a seguito della pubblicazione nel Registro delle Imprese del piano attestato.

A questo proposito va osservato che la pubblicazione nel Registro delle Imprese - pur essendo presupposto per l'emissione della nota di variazione IVA - non è obbligatoria per il debitore che presenta ai creditori un piano attestato di risanamento, bensì una mera facoltà, che peraltro nella prassi non sempre viene esercitata. È quindi opportuno che il professionista che predispone il Piano tenga conto della possibilità che, in caso di pubblicazione nel Registro delle Imprese, i creditori emettano note di variazione dalle quali deriva un corrispondente debito IVA in capo al debitore. 

Infine, quanto alla deducibilità delle perdite su crediti, va evidenziato che il piano attestato di risanamento non è però contemplato dal summenzionato art. 101, comma 5 TUIR, che invece annovera espressamente l'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F. accanto alle procedure concorsuali (per le quali la deducibilità vale "in ogni caso"). Conseguentemente, se le perdite sono generate per effetto del piano ex art. 67, comma 3, lett. d) L.F., esse sono deducibili secondo la regola generale, cioè solo se risultanti da elementi certi e precisi. Posto che questi elementi certi e precisi solitamente sono rinvenibili nell'ambito del Piano presentato, è tuttavia auspicabile che il Legislatore intervenga in futuro sull'art. 101 TUIR per includere anche i Piani attestati di risanamento nell'insieme delle procedure per le quali la deducibilità vale in ogni caso.

 

4) Nota di variazione IVA in caso di fallimento e concordato preventivo

Il d.lgs. 145/2014 non ha cambiato nulla invece nell'ambito di fallimento e concordato preventivo.

Con il fallimento, il creditore può emettere la nota di variazione esclusivamente a seguito della scadenza del termine fissato per la presentazione delle osservazioni al piano di ripartizione finale stabilito dal giudice delegato, decorsi quindici giorni dal ricevimento della comunicazione inviata a tutti i creditori, compresi quelli attualmente oggetto di procedimento di opposizione, impugnazione o revocazione.

Nel caso di insufficienza di somme da destinare alla soddisfazione dei creditori bisogna invece considerare la scadenza della data entro la quale è possibile proporre reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura, ovvero decorso il termine di dieci giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento.

Nella procedura di concordato preventivo, invece, l'importo oggetto della rettifica in diminuzione potrà essere determinato soltanto sulla base del piano di ripartizione finale, approvato secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione della procedura, e quindi soltanto una volta terminata la liquidazione giudiziale.

 

Avv. Nicola Traverso

 

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