Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto; email: barbara.pirelli@gmail.com
Come accade nella maggior parte dei casi, in sede di separazione la casa familiare viene assegnata alla madre collocataria dei figli. Ciò che si vuole tutelare non è  l'interesse della ex consorte ma quello dei figli  a cui si vuole garantire che possano completare il loro percorso di crescita nello stesso ambiente in cui si è formata la famiglia, evitando  o cercando di ridurre il trauma psicologico che può loro derivare  da una separazione.

Ci sono però ipotesi in cui anche il genitore collocatario dei figli potrebbe vedersi revocare l'assegnazione della casa coniugale.
Ai sensi dell'art. 155 quater, coma 1, questo può accadere ad esempio quando l'assegnatario non abiti o cessi di vivere stabilmente nella casa familiare.
Tuttavia il Giudice, prima di procedere alla revoca dell'assegnazione della casa, per qualsivoglia ragione, deve comunque verificare che il provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole affidata o convivente con l'assegnatario.  Inoltre, il coniuge che chiede la revoca deve provare gli eventi che legittimano la sua domanda e la prova deve essere particolarmente rigorosa.

Nel caso esaminato dalla corte d'appello di Catania, era stato disposto lo sconto di un minore il quale aveva riferito che sua madre aveva iniziato una relazione con un nuovo compagno.
Nel corso del giudizio  infatti era stato disposto l'ascolto del minore (cosa possibile  quando questi ha già compiuto dodici anni oppure, se infradodicenne, se capace di discernimento).
Sta di fatto però che il minore all'interno del giudizio di separazione non è sentito come testimone ma come portatore di un interesse proprio. L'audizione del minore quindi non è un atto istruttorio.
E proprio in merito al ruolo del minore, nel giudizio di separazione, la sentenza della Corte di Appello di Catania del 12 dicembre 2013 evidenziato come  il consulente tecnico d'ufficio aveva indebitamente utilizzato le dichiarazioni del minore come prove, esorbitando così dal mandato che gli era stato conferito ed inserendo, in maniera del tutto irregolare, nella sua consulenza una indagine sulla verità o meno dei fatti in contestazione.
Il minore aveva raccontato  che la madre aveva una relazione con un nuovo compagno e il CTU aveva attribuito al minore un ruolo di testimone che assolutamente non è consentito in un giudizio di separazione.
Qui di seguito alcune "sentenze vintage" che puntualizzano l'importanza dell' "ascolto del minore".
Un decreto del Tribunale di Varese del 24 gennaio 2013 ha precisato che l'ascolto del minore non è un mero dovere del giudice sulla base dell'art. 155 sexies c.c. ma è anche un diritto del figlio.
Il convincimento del tribunale varesino si rifà ad una sentenza a sezioni Unite dalla Cassazione (n. 22238/2009) con la quale si afferma la doverosità dell'audizione del minore e il corrispondente obbligo per il giudice di fornire le motivazioni secondo le quali si ritiene di non procedere in tal senso. 
Secondo un'altra sentenza della Cassazione, sentenza n. 13241/2011,sarà il giudice a valutare se ci sia un interesse superiore del figlio minore a non essere esposto al presumibile danno derivante dal coinvolgimento emotivo nella controversia dei genitori.
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