Riforma Forense: obbligo di iscrizione alla Cassa Forense e controproposte degli Avvocati
Avv. Gabriella Filippone - E' debuttato il 15 giugno 2013 il regolamento tramite il quale Cassa forense ha attuato l'art. 21 commi 8-9 della legge 247/2012 che modifica l'ordinamento pro fessionale degli avvocati ed impone la contestuale iscrizione agli albi e all'istituto. E' debuttato il 15 giugno 2013 il regolamento tramite il quale Cassa forense ha attuato l'art. 21 commi 8-9 della legge 247/2012 che modifica l'ordinamento pro fessionale degli avvocati ed impone la contestuale iscrizione agli albi e all'istituto.
L'obbligo di iscrizione alla previdenza forense ai sensi dell'art.21 commi 8-9-10 della legge n.247/2012: il 2 febbraio 2013 è entrata in vigore la legge n. 247/2012 (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense) che modifica il regime dell'iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense.
Prendiamo appunto il caso limite però possibile, in cui il legale, in base al dettato della Cassa Forense, abbia da sostenere un'imposta superiore addirittura al reddito ottenuto nell'anno solare.Potrei ad ogni modo indicare tanti altri casi poco meno drammatici di quello avanzato, che Vi lascio comunque immaginare, in tempi di crisi della professione come quella che siamo un pò tutti costretti ad affrontare.
Va cambiata l'opinione pubblica prevalente, la cultura e la mentalità vecchia e stravecchia di "avvocato uguale a miliardario".
L'art. 35, primo comma, della Costituzione tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (senza distinzioni fra lavoro manuale e intellettuale), ergo, fino a prova contraria, in una Repubblica che si fonda ancora su di esso anche il lavoro di un Avvocato è ampiamente tutelato, a maggior ragione ove prevale sul capitale. Se la Corte di giustizia europea con un orientamento ben consolidato si è espressa sempre contro norme che individuano nella continuità di un'attività professionale il requisito cui venga condizionato il riconoscimento di un qualsiasi beneficio, la possibilità di accesso a uno status determinato, una qualifica o un trattamento, lo ha fatto a tutela della dignità del professionista poiché intravedeva in tali norme possibilità di discriminazione anche indiretta a scapito delle donne e dei soggetti deboli in genere.
Immaginate, poi, (...) la situazione verosimile di quegli Avvocati che, loro malgrado, non riuscendo a mantenere il passo con i criteri della continuità professionale si vedranno costretti ad addurre giustificazioni varie innanzi a loro colleghi e concorrenti sul perché in quel triennio non hanno raggiunto determinati parametri reddituali con grave e inaccettabile lesione e mortificazione della loro dignità personale; tralasciando poi iprobabili risvolti clientelari per cercare in qualche modo di sfuggire alla mannaia che li estrometterebbe definitivamente dal giro, anche modesto, di clientela e di guadagno. (...) Che sorte toccherebbe a quei 50-60 mila professionisti che già attualmente non sono in linea con i criteri di continuità previsti per la previdenza forense (...)?
E tutti gli altri avvocati si sentirebbero tranquilli a lasciare al Ministro di Grazia e Giustizia e al Consiglio Nazionale Forense una delega in bianco volta a individuare periodicamente e a propria discrezionalità i criteri a cui bisognerà attenersi per conservare l'iscrizione all'Albo e per poter continuare a lavorare? In definitiva, anche volendo dare un minimo di credito alle istanze del CNF e dell' OUA che con tanta enfasi perorano l'approvazione di questo articolo, va affermato con forza che prima della dignità e del decoro della professione di Avvocato viene la tutela della dignità e del decoro della persona umana e di chi lavora." (vedi: http://www.agiconsul.org/agiconsul/8-blog/120-)
Occorre forse una riforma universitaria in primis. Non tutti vogliono fare l'avvocato. Partendo magari dalla considerazione che molteplici potrebbero essere le opportunità: carriera internazionale, magistratura, consulenze esterne ai tribunali etc. etc., quindi perché studiare cinque anni tutto il diritto possibile e immaginabile senza specializzarsi già dal terzo anno in poi su quello che si desidera fare?
STEFANIA A. (mail inviata a Nunzio Luciano, presidente di Cassa Forense) :"Questa l'email a Nunzio Luciano (non ho reperito altri contatti della CF) "caro Presidente, La prego di tenere conto delle considerazioni giuridiche che le allego e che dimostrano come l'emanando regolamento sia anticostituzionale poichè esso collide con i Principi Costituzionali, Europei nonchè con le norme di diritto tributario e previdenziale. Quale Presidente della Cassa Forense, La prego di volere sollecitare i vertici su tali questioni e procedere alla sospensione dell'emanando regolamento, in vista di una modifica dell'art. 21 della legge n. 247/2012. Qualora, nonostante tutte le doglianze dei 56.000 iscritti che rischiano la cancellazione, e di cui mi faccio portavoce, la Cassa procederà sorda come il Governo ad emanare il regolamento, essa andrà incontro ad un contenzioso di portata vastissima. Certa che prevarrà il buonsenso, Le invio cordiali saluti. Avv. Stefania Arduini"
Stefania A.: "A mio avviso, nelle future opposizioni, ricorsi ecc che faremo, si dovrà sempre e preliminarmente chiedere AL GIUDICE NAZIONALE L'IMMEDIATA DISAPPLICAZIONE DELLA LEGGE INTERNA IN FAVORE DI QUELLA COMUNITARIA POICHè IN CONTRASTO CON ESSA... e questa è la prima arma in via d'urgenza!"
Stefania A.: "...espongo il mio pensiero sulla gestione separata INPS: non è una valida controproposta poiché è più onerosa e non garantisce l'assistenza sanitaria come cassa previdenza!! Ne sanno qualcosa i fiscalisti con cui ho parlato e che loro stessi sono costretti a pagare. Invece ritengo 1) che se si ha un reddito zero o inferiore al l'importo dei contributi previdenziali di cassa forense o non congruo rispetto ad essi nulla vada versato ...ciò è un principio di diritto tributario e previdenziale generale 2) se ho reddito inferiore ai limiti di legge non devo e non posso essere costretto ad aprire partita IVA che è ( presumo ) condizione per il versamento dei contributi ( e anticostituzionale) 3) deve essere garantita l'assistenza gratuita fiscale agli avvocati per ammortizzare le spese che la tenuta contabilità comporta ( es commercialisti) ... "
Maria Grazia M.: "ritengo che la pregiatissima collega Arduini, che più volte è intervenuta sulla questione, abbia svelato, attraverso la sua chiave di lettura, i punti nevralgici della c.d. "controriforma", mostrandone non solo le criticità ma proponendo le uniche alternative realmente praticabili. Perciò, in considerazione della massima competenza e professionalità con cui la tematica è stata analizzata, gli ulteriori contributi 'ad adiuvandum', potrebbero risultare opportuni, solo se orientati nella medesima direzione!"
Stabilisce il Regolamento: "La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, con proprio regolamento, determina, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i minimi contributivi dovuti nel caso di soggetti iscritti senza il raggiungimento di parametri reddituali".
Così come un soggetto di 30 anni (o con 5 anni di iscrizione all'albo) con un parametro reddituale più alto di uno di 50 anni (e/o che ha 20 anni di iscrizione all'albo) dovrebbe pagare di più secondo la legge.
Il Regolamento in esame non tiene conto dei parametri imposti dalla legge e fa l'opposto dando priorità all'età o agli anni di iscrizione all'albo.
LE PROPOSTE DEGLI AVVOCATI:
L'associazione liberi professionisti - dipartimento nazionale avvocati, sulla questione previdenziale, propone: di creare una "gestione separata" della cassa forense sul modello di quello dell'INPS, prevedendo un sistema di contribuzione e di erogazioni assistenziali e previdenziali simile a quello dell'INPS, previa la verifica attuariale necessaria per rispettare i parametri normativi consentendo agli iscritti di optare in un momento successivo per il regime ordinario con i versamenti necessari a garantire la riserva matematica.Il regolamento che stabilirà il minimo contributivo dovrà essere adottato entro il 4 febbraio 2014.
Parte degli avvocati contrari alla riforma spinge quindi per fare adottare dalla Cassa il sistema della gestione separata INPS, più agevole per i giovani e i colleghi tutti in difficoltà (circa 100mila dai dati resi noti da CF).
L'AIGA associazione nazionale giovani avvocati, lo scorso ottobre 2013, in occasione del XXII congresso nazionale tenutosi a Palermo, si è dichiarata contraria alla riforma, contro chi ritiene che per risolvere il problema del grande numero di avvocati sia sufficiente far leva su queste norme che penalizzano i professionisti più "deboli": Dario Greco ha definito "pessima" la riforma dell'ordinamento che mette all'angolo le giovani generazioni di oggi e di domani "Una legge dove la parola giovani è contenuta una sola volta per una petizione di principio - ha constatato Greco - mentre anziano, anziani e anzianità si ripetono per bene 18 volte".
L'ex presidente dell'AIGA ha proseguito bollando come ingiusto e immorale espellere dalla categoria decine di migliaia di ragazzi che, con il loro lavoro, consentono agli studi legali di stare aperti, spesso, senza percepire un centesimo di compenso. Per evitare l'"epurazione" AIGA ha chiesto l'intervento della Cassa forense, volto ad eliminare le iniquità del sistema previdenziale. Il riferimento è anche ai pensionati che contribuiscono nella misura del 7% rispetto al 14% degli attivi pur essendo "usciti" con un sistema retributivo.
Il presidente di Cassa Forense Nunzio Luciano si è così espresso: . "Sono pronto a dare battaglia - afferma - a chi pensa di tagliare fuori sacche di avvocati in base al reddito. La bozza di regolamento, che abbiamo messo a punto e che dovrà essere pronta entro il 4 febbraio, a mio avviso va ancora modificata cambiando l'articolo che taglia fuori dal beneficio di un minor versamento chi ha superato i 35 anni". [3]
Riporto di seguito le importanti considerazioni dell'avvocato Stefania Arduini:
Avv. Stefania Arduini |
In riferimento al Diritto Comunitario, va detto che la Legge n. 247/2012, partorita dallo scellerato ed incompetente Legislatore italiano, non può che chinare il capo innanzi al principio di preferenza imposto dal diritto dell'Unione europea secondo cui, questo, prevale sul diritto interno dei suoi Stati membri. La preminenza del diritto dell'Unione è sancita dall'articolo 10 della Convenzione Europea: "La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell'Unione nell'esercizio delle competenze a questa attribuite hanno prevalenza sul diritto degli Stati membri" |
(Convenzione di Bruxelles, art. 10-Diritto dell'Unione Europea, comma 1) |
LA PROPOSTA DI LEGGE: segnalo la proposta d'iniziativa dei deputati MAGORNO, BRUNO BOSSIO, D'INCECCO, FANUCCI, IACONO, OLIVERIO, ZANIN: Modifiche alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense
In particolare, alcune norme contenute nell'articolo 21 della legge minano la libertà del «moderno» avvocato, il quale, di tal guisa, finisce con l'essere meno libero e poco indipendente, ma, ciò che più conta, è posto in una situazione di maggiore precariato economico, in riferimento alla stessa possibilità di esercitare la propria attività professionale.
Il richiamo, in tale senso, è alla previsione normativa contenuta nell'articolo 21 della legge, laddove introduce quali requisiti di permanenza nell'albo professionale i parametri della «continuità, effettività, abitualità e prevalenza», quali vere e proprie pre-condizioni legali all'esercizio della professione forense, il cui requisito primario ed essenziale è, per l'appunto, l'iscrizione al relativo albo.
La norma di legge si limita puramente e semplicemente a rinviare alla fattispecie regolamentare promanante dagli organismi direttivi nazionali dell'avvocatura e dal Ministero della giustizia per la determinazione dei parametri in funzione dei quali valutare i requisiti in parola.
Tale norma si atteggia, quindi, come norma in bianco, laddove demanda a una fonte di rango non legislativo la determinazione dei parametri de quibus, senza specificare l'ambito, i criteri valutativi e i limiti dell'intervento regolamentare, che peraltro proverrebbe non già dall'organismo governativo nel suo complesso, bensì dal singolo dicastero e dalle organizzazioni verticistiche dell'ordinamento professionale e previdenziale.
Con tale normativa sono palesemente violati i princìpi cardine della professione forense, racchiusi nello stesso Codice deontologico forense, secondo i quali «l'Avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi ai princìpi della Costituzione nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e dell'ordinamento comunitario» (preambolo al Codice deontologico), e, ancora, «nell'esercizio dell'attività professionale l'avvocato ha il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti esterni. L'avvocato non deve tenere conto di interessi riguardanti la propria sfera personale» (articolo 10 del Codice deontologico forense).
È difficile poter rispettare i superiori princìpi se proprio la norma contenuta nei commi 1 e 2 dell'articolo 21 impone, per la prima volta in Europa, «condizionamenti» e criteri sul modo di esercitare la professione forense, in assenza dei quali il professionista potrà essere cancellato dall'albo, con conseguente divieto di uso del titolo di avvocato e con inevitabili conseguenze anche sugli interessi dei suoi assistiti.
Peraltro, la norma in esame appare palesemente e intimamente contraddittoria, laddove, nel comma 1 si esclude ogni riferimento al reddito professionale, ai fini della determinazione della continuità professionale per la permanenza nell'albo, mentre nel comma 8 si subordina l'iscrizione agli albi alla contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, con ciò introducendo un criterio economico quale condizione per l'accesso alla professione e condizionando di fatto la permanenza del professionista nell'albo alla regolare contribuzione previdenziale.
Infine, non v'è chi non veda in questo che l'articolo 21, complessivamente considerato, subordinando l'esercizio della professione a criteri di continuità, effettività, abitualità e prevalenza, e segnatamente all'iscrizione all'ente previdenziale, confligge con l'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, il quale pone quale unica condizione per l'accesso agli ordini professionali il superamento dell'esame di Stato.
Infine, l'avvocato, proprio in considerazione dell'importante funzione che svolge e al fine di un'effettiva, ampia e imparziale difesa del cittadino, deve essere libero e indipendente e non soggiogato dai propri rappresentanti attraverso parametri di natura squisitamente politica, peraltro attualmente oscuri, risultando anche in contrasto con i princìpi dell'Unione europea di libera concorrenza.
E, ancora, la modifica della legge in esame deve estendersi anche ad altre sue norme che limitano l'esercizio della professione ad alcune categorie di professionisti.
Per vero, l'articolo 22, comma 2, deve essere modificato nella parte in cui prevede che l'iscrizione all'albo speciale per il patrocinio alle giurisdizioni superiori possa essere richiesta da chi abbia maturato una iscrizione all'albo di otto anni e abbia frequentato proficuamente e lodevolmente la Scuola superiore dell'avvocatura istituita dal Consiglio nazionale forense (CNF), il cui regolamento può prevedere specifici criteri di modalità e di selezione.
La norma, a parte essere indeterminata nel punto in cui rimette interamente al regolamento del CNF la determinazione dei criteri e delle modalità selettivi, comporta una severa discriminazione intergenerazionale.
Difatti, da un lato richiede la frequentazione della Scuola superiore dell'avvocatura istituita con regolamento del CNF, che risulterebbe così composto proprio da avvocati cassazionisti che quindi deciderebbero i loro concorrenti nelle giurisdizioni superiori, oltre all'indebita selezione della componente dell'organismo forense stesso, dall'altro lascia immutato lo status di avvocato cassazionista per coloro che hanno già conseguito il titolo prima dell'entrata in vigore della legge professionale.
In ordine, poi, all'articolo 41, comma 12, va segnalato come rappresenti una grave limitazione per i giovani praticanti iscritti al relativo registro dover esercitare l'attività professionale solo in sostituzione del titolare di studio presso cui svolgono il tirocinio professionale, anche se si tratti di affari non trattati dal medesimo.
Appare opportuno, anche al fine di tutelare il lavoro dei giovani praticanti avvocati, abilitati al patrocinio, secondo la vecchia normativa forense, consentire il patrocinio autonomo nelle cause di loro competenza per come in precedenza prescritto.
Inoltre, in ordine all'esame di Stato regolamentato con l'articolo 46, comma 7, è evidente la necessità di sottoporre a revisione critica il comma nella parte in cui stabilisce che le prove scritte si svolgano con l'ausilio dei soli testi di legge, senza citazioni giurisprudenziali, considerando che da oltre un decennio l'esame di avvocato comporta il dover affrontare tre prove scritte, la soluzione delle quali avviene attraverso il richiamo di precedenti giurisprudenziali, soprattutto recenti, i cui riferimenti è impossibile memorizzare senza l'ausilio di un codice annotato.
La norma in esame non tiene neppure in considerazione l'esperienza pratico-giurisprudenziale e l'impostazione del tirocinio professionale, che vedono i principali attori del processo utilizzare e conformarsi alle massime giurisprudenziali, soprattutto a quelle di legittimità.
Infine, desta allarme la previsione di una nuova fattispecie penale, generica e indeterminata, prevista e punita dal comma 10 dell'articolo 46 con la sanzione della reclusione fino a tre anni, che richiama condotte e comportamenti che possono trovare soluzione in altri ambiti giudiziari o disciplinari.
In conclusione, la logica che ispira tale normativa, della quale si auspicano le modifiche richieste, è quella di creare in capo a pochi studi legali, in grado di produrre alti fatturati, una situazione di monopolio di fatto dei servizi legali e di assistenza giudiziaria, scoraggiando la concorrenza e, in particolar modo, le giovani generazioni di professionisti, con grave compromissione delle regole del libero mercato e, quindi, di una più ampia offerta dei servizi legali e di assistenza al cittadino, nonché delle garanzie e dell'effettività di tutela dei diritti, delle libertà e della dignità della persona."
Art. 1.
(Modifiche alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense).
(Entrata in vigore).
Altre Fonti:
[2] Barbara LG Sordi : Avvocati: nuovi poveri per legge? (StudioCataldi.it)
[3] Luigi Berliri, Non vogliamo essere messi all'angolo (Mondoprofessionisti.it)
E-mail: gabrifil@gmail.com