La Cassazione civile (Sezione I, sentenza 11 novembre 2003 n. 16904, Ric. L. c. Comune di Pomarico ) ha esaminato l'ipotesi in cui, dopo la dichiarazione di pubblica utilità, l'opera cui l'espropriazione è preordinata divenga impossibile, rispondendo al quesito circa la prescrizione del diritto alla retrocessione del bene espropriato.

La normativa di riferimento

E' possibile che la realizzazione dell'opera prevista nella dichiarazione di pubblica utilità divenga giuridicamente impossibile, o per effetto della scadenza del termine di inizio ed ultimazione delle espropriazioni e dei lavori indicato nell'atto che dichiara l'opera stessa di pubblica utilità, o per effetto di un mutamento nelle scelte di politica urbanistica che si sostanzino nella formale manifestazione della volontà dell'amministrazione pubblica di non utilizzare il bene per gli scopi cui l'espropriazione era finalizzata. La retrocessione era prevista dall'art. 63 L. 25 giugno 1865, n. 2359, per il quale "fatta l'espropriazione, se l'opera non siasi eseguita e siano trascorsi i termini a tal uopo concessi o prorogati, gli espropriati potranno domandare che sia dall'Autorità giudiziaria competente pronunciata la decadenza dell'ottenuta dichiarazione di pubblica utilità, e sieno loro restituiti i beni espropriati, mediante il pagamento del prezzo che sarà determinato nel modo indicato dall'art. 60 della presente legge". Gli artt. 46 e 47 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. sulle espropriazione per pubblica utilità) disciplinano, rispettivamente, l'ipotesi di retrocessione totale o parziale.

La decisione

La Cassazione ha affermato che, se la realizzazione dell'opera prevista nella dichiarazione di pubblica utilità divenga giuridicamente impossibile, in un momento anteriore all'emanazione del decreto di esproprio, il termine di prescrizione del relativo diritto alla retrocessione totale, decorrere dal giorno dell'emanazione del decreto. Ciò in quanto, secondo l'articolo 2935 c.c., la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e, nel caso di retrocessione, al proprietario dell'immobile espropriato, ma non utilizzato per la realizzazione dell'opera pubblica, a causa di un fatto verificatosi ex post, viene riconosciuto da subito un diritto potestativo di riacquisto del bene. L'esercizio di tale diritto non fa venire meno il precedente acquisto coattivo risolvendo la relativa espropriazione, ma ne postula la perdurante operatività. In altri termini, non ne elimina gli effetti, ma ne produce di nuovi e parzialmente contrari, ponendo solo le condizioni per un nuovo trasferimento a titolo derivativo con effetto ex nunc.

(Cassazione Civile, Sent. 11/11/2003, n.16904)

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