di Avv. Davide Sacco, Budapest - Ungheria -  www.consulenzalegaleungheria.it  È assolutamente innegabile che nell'attuale contesto economico caratterizzato da una crisi finanziaria internazionale senza eguali, che vede un sempre maggior numero di imprese a dover fronteggiare situazioni finanziaria di "estrema criticità" e un sempre più frequente ricorso al fallimento, assume sempre notevole rilievo pratico l'azione revocatoria e ancor più l'azione revocatoria fallimentare. L'ordinamento ungherese, non discostandosi dagli altri ordinamenti di origine romanistica, prevede tanto l'azione revocatoria ordinaria - disciplinata dall'art. 203 del Codice Civile Ungherese - quanto l'azione revocatoria fallimentare - disciplinata dall' art. 40 della Legge Fallimentare Ungherese n. XLIX del 1991. Ai sensi del I comma del predetto art. 203 del Codice Civile Ungherese, che come detto regola la cd. revocatoria ordinaria, il contratto può perdere efficacia nei confronti di soggetti terzi (altri creditori) se impugnato con azione revocatoria quando da una parte sia causa della diminuzione della garanzia patrimoniale dei creditori e dall'altro sia dimostrabile che il debitore abbia agito in male fede o abbia voluto ottenere dal contratto una vantaggio a titolo gratuito. Tipico è il caso, ad esempio, di compravendita effettuata ad un corrispettivo notevolmente inferiore rispetto al prezzo di mercato. Il creditore che abbia vista diminuire la propria garanzia patrimoniale ad opera di una società poi dichiarata fallita, così come il curatore della stessa, possono impugnare il contratto che ha causato la diminuzione della garanzia patrimoniale purché il deposito dell'atto in giudizio avvenga entro novanta giorni dalla conoscenza, e comunque non oltre un anno dalla pubblicazione della dichiarazione di fallimento. In particolare, il legislatore ungherese prevede che possano essere impugnati con l'azione revocatoria fallimentare tutti i contratti che provochino una diminuzione della garanzia patrimoniale purché a) i contratti siano stati conclusi nei cinque anni antecedenti il deposito dell'istanza di fallimento e sia dimostrabile tanto l'intento fraudolento della debitrice e tanto che l'acquirente era a conoscenza di tale intento o, perlomeno, avrebbe dovuto esserne a conoscenza; b) i contratti siano stati conclusi nei due anni antecedenti il deposito dell'istanza di fallimento ed abbiano ad oggetto donazioni, assunzioni di obblighi senza alcun corrispettivo o contratti onerosi ma con prestazione e controprestazione assolutamente sproporzionate; c) i contratti siano stati conclusi nei novanta giorni antecedenti il deposito dell'istanza di fallimento nei casi in cui siano gli stessi siano volti ad avvantaggiare un creditore (tipico è l'esempio del pagamento di debiti non scaduti a favore di uno dei creditori). Possono rientrare in quest'ipotesi anche le modifiche a contratti o dazioni di garanzia a favore del creditore avvantaggiato. L'art. 40, punto I) ultimo comma della legge fallimentare prevede che, nel caso in cui l'azione revocatoria fallimentare abbia successo, dovranno applicarsi le disposizioni previste dal Codice Civile Ungherese e quindi più in particolare quanto previsto per l'azione revocatoria ordinaria. I creditori e/o il curatore fallimentare possono, inoltre, richiedere che venga ripristinata la situazione giuridica originaria. Come evincibile da quanto sopra riportato, da un punto di vista comparatistico, molte sono le affinità tra l'ordinamento italiano ed ungherese a livello di principi giuridici. Tuttavia, nell'applicazione pratica, si deve porre particolare attenzione alle specifiche disposizioni previste dall'ordinamento ungherese per non veder svanire la possibilità di tutelare le legittime ragioni creditorie con l'azione revocatoria.
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Avv. Davide Sacco
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