di Rosaria Lamar - L'ingiustificata e protratta violazione dei termini processuali determinano e continuano a determinare un irragionevole e gratuito prolungamento della "sofferenza processuale". I processi civili che si protraggono per anni con lunghi, lunghissimi (anni) periodi di standby inducono ad una riflessione, molto più attenta se si è direttamente coinvolti e viene da domandarsi quali altri motivi, oltre quelli citati, possano determinare una tale lentezza a dir poco iniqua e ingiusta.

La richiesta di un cittadino che si rivolge ad un Legislatore è quella di essere giudicato giustamente in una perseveranza egalitaria. Ma non sempre questo si verifica e i processi il più delle volte rivelano una realtà intrinsecamente patologica dovuta al qualunquismo e al pressapochismo che sovrasta la giustizia. La ricerca del "vero"dovrebbe volgersi verso risultati inequivocabilmente attendibili, ma spesso il sistema giuridico diventa celebrativo, esecutore di errori tanto più quanto si limita la produzione di mezzi di prova e viene volutamente meno la responsabilità etica e l'osservanza del codice deontologico. Il prolungamento o il mantenere insoluta una controversia sono spesso dovute alle attività dilatorie che compie il legislatore, al favoreggiamento dell'illecito, all'arricchimento.

Per completezza:
Il modello di trattazione delineato negli art. 183 e 184 c.p.c. annovellati dalla nuova riforma, evidenzia una eccessiva rigidità e invariabilità. Il fondamentale snodo del processo è rappresentato dalle preclusioni istruttorie, (non è forse questa la fase, il fulcro più importante del processo?).

Tale disciplina delle preclusioni è una disciplina di ordine pubblico processuale che dovrebbe tendere ad assicurare la concentrazione e il sollecito svolgimento del processo che rappresenta un obiettivo del sistema processuale imposto al giudice (il quale, in base al disposto dell'art. 175 c.p.c., deve esercitare i propri poteri al fine di garantire il sollecito svolgimento del processo). Tale esigenza, peraltro, ha ricevuto un'espressa copertura costituzionale con la recente modifica dell'art. 111 della Costituzione.

L'istituto della rimessione in termini, inoltre, previsto dall'art. 184-bis dovrebbe incidere in misura non trascurabile sulla complessa ricostruzione del sistema di preclusioni, dovrebbe garantire l'elasticità del sistema.

Pertanto una sua equilibrata applicazione da parte del legislatore potrebbe garantire la celerità di un processo e una concreta possibilità di far funzionare al meglio il riformato rito civile. Ma….. non è forse questa la fase, la più determinante, in cui il professionista deve agire nel rispetto più totale della deontologia professionale e delle proprie competenze per evitare ogni possibile errore, superficialità e difettosa prestazione?

Occorrono urgenti interventi legislativi mirati ad una migliore efficienza dei giudizi civili,ad una più severa valutazione della professionalità.
Rosaria Lamar
E-mail: colet.lamar12@virgilio.it

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