I dati del Cerved Group, specializzato in analisi di mercato e rating, parlano di una situazione disastrosa della nostra economia. Casomai qualcuno non se ne fosse ancora accorto.

Leggere i numeri però lascia realmente l'amaro in bocca, dando un panorama del nostro futuro quanto mai apocalittico. E da cui si spera di uscire in condizioni migliori rispetto alla Grecia, in cui i ceti medio-bassi fanno la fame per davvero. Lo stesso Draghi che si era dimostrato positivo su un nostro recupero in zona Euro, ha ora ammesso un certo sconcerto nei confronti dei dati negativi del nostro Pil. Finalmente un po' di sana onestà.

Partiamo con i numeri della crisi economica: nel solo 2012 sono stati registrati ben 12.000 fallimenti, 2.000 procedure fallimentari e 90.000 liquidazioni. Più di 104mila imprese sono entrate in crisi, il 2,2% in più rispetto al 2011.

A spaventare anche l'a.d. della Creved Gianandrea De Bernardis è il boom di concordati preventivi, sulla base della riforma dello scorso settembre. Solo nel quarto trimestre del 2012 le domande do concordato con riserva sono state 1.000.

I fallimenti nel 2012 hanno superato del 64% quelli registrati nel 2008, ultimo anno pre-crisi. Valori ben superiori anche a quelli del 2007, quando i tribunali potevano dichiarare fallimento anche per aziende di dimensioni microscopiche. La situazione è più grave nel Nord Ovest (+6,6%), un po' meno al Centro (+4,7%) e al Sud e Isole (-0,4%). Al Nord Est la situazione è solo apparentemente migliore (-4,3%), in realtà il dato negativo è compensato dall'incremento numerico di liquidazioni, per un totale di chiusure che sfiorano le 20.000 unità.

Il fenomeno delle liquidazioni volontarie è in costante aumento in tutti i settori della nostra economia: +14% nel terziario, +13,8% nelle costruzioni, +13,1% nell'industria. E nuovamente la leadership spetta al Nord Est con un aumento del 31,2%; mentre il Nord Ovest è a quota +25,1% e il Centro- Sud al +9,5%.

Dal 2009 sono stati registrati più di 45.000 fallimenti, 21mila nel solo terziario. Le società di capitali manifatturiere detengono il 5,2% del totale, quelle di costruzioni il 4,6% e quelle di servizi il 2,2%.

Concludiamo con le parole di De Bernardis: 'L'incidenza dei default osservati durante la crisi risulta particolarmente alta in settori tipici del Made in Italy come il sistema casa (7,9%), il sistema moda (7,1%), la produzione di beni intermedi (5,5%), la meccanica (5,1%), mentre da un punto di vista territoriale la crisi e' stata avvertita maggiormente tra le imprese del Nord della Penisola (3,5% nel Nord Ovest e 3,2% nel Nord Est), rispetto al Centro-Sud (2,7%)".

Bene, ora abbiamo la conferma che siamo veramente in crisi.

Barbara LG Sordi
Email barbaralgsordi@gmail.it

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