Il clima di riforme 2012 investe anche l'attività lavorativa chi si prepara ad esercitare la professione forense. Numerose le novità introdotte per i praticanti avvocato, a partire dal raggiungimento di uniformità di gestione e regole precise che evitino libere interpretazioni da parte dei singoli Consigli dell'Ordine e che garantiscano piena consapevolezza ai giovani praticanti delle proprie possibilità e dei propri limiti. Con l'obiettivo primario della tutela del praticante avvocato che sino ad oggi spesso ha operato in condizioni lavorative che non gli hanno propriamente consentito quello sviluppo personale, professionale e culturale che al contrario in Italia l'avviamento all'esercizio della professione forense - al pari degli altri Stati Europei - dovrebbe garantire.

Stop quindi ai praticanti avvocato impiegati gratuitamente sette, otto, nove ore al giorno, e che anzi debbano sostenere in proprio le spese vive. E' ora previsto un rimborso spese periodico a carico dello studio legale presso cui il praticante presta servizio, con la possibilità, trascorsi i primi sei mesi di pratica, di assegnare allo stesso un compenso liquidato sulla base del lavoro effettivamente svolto.

Taglio netto alla durata del periodo formativo, che è diminuito da ventiquattro a diciotto mesi. E piena compatibilità dell'esercizio della pratica forense con il rapporto di lavoro dipendente, secondo tempi e modi idonei a consentire l'utile svolgimento di entrambe le attività (con l'unico possibile limite della possibilità o meno di richiedere l'abilitazione al patrocinio, possibile in linea di massima trascorsi sei mesi dall'iscrizione al Registro Praticanti, proprio per evitare possibili conflitti di interesse).

Importanti le novità adottate, presenti pur sempre inevitabili eccezioni. Ad esempio, nel caso si opti per frequentare la scuola di specializzazione per le professioni forensi o altro corso professionalizzate istituito dagli Ordini degli Avvocati o dalle Associazioni Forensi, la durata del praticantato rimarrà tuttavia di ventiquattro mesi, con l'obbligo di prestare pur sempre servizio per un periodo determinato presso uno studio legale. La riforma punta sulla formazione "pratica" dell'aspirante avvocato, pretendendo che dell'intero periodo di formazione prevista almeno sei mesi siano dedicati al praticantato "sul campo" presso uno o più studi legali. La nuova normativa prevede infatti in modo inequivocabile la possibilità per il praticante di lavorare presso due differenti studi professionali, nell'ottica del maggior arricchimento del proprio bagaglio culturale.

Molte delle norme previgenti restano tuttavia in vigore, come ad esempio la cancellazione dal Registro Praticanti a seguito dell'accertata interruzione ingiustificata della pratica forense che si protragga per oltre sei mesi, ferma restando la possibilità di chiederne un'ulteriore ex novo. Nonché la regola secondo cui l'abilitazione al patrocinio possa durare al massimo cinque anni dal momento dell'iscrizione della delibera sul Registro Praticanti.

Ai singoli Ordini territoriali resta il dovere di assistenza e di vigilanza, il controllo sull'effettivo operato degli aspiranti avvocato effettuato per mezzo di colloqui periodici, richiesta di deposito di relazioni su casi affrontati, verifica delle firme in udienza. Col potere di decidere, attraverso un colloquio finale, di rilasciare o meno al candidato l'attestato di fine pratica forense che permetterà allo stesso l'utile iscrizione all'annuale esame di stato per l'abilitazione alla professione di avvocato.


In evidenza oggi: